Serata d’Onore per Lina Wertmüller al RomafilmfestivalLa tredicesima edizione del Romafilmfestival si conclude con una serata d’onore per Lina Wertmuller, a cui è stata dedicata un’ampia retrospettiva nel corso della rassegna. Un omaggio doveroso per una regista italiana che con l’imminente lungometraggio “Mannaggia la miseria” festeggia 45 anni di carriera registica. Con la vivacità e la freschezza di una ragazzina agli esordi: chiamata a ricevere il premio sul palco, avrebbe la forza e gli stimoli per intrattenere la platea, ricca tra gli altri di amici e collaboratori di tante avventure.
Da Tullio Kezich a Fulvio Lucisano, da Giuliana De Sio a Raoul Bova, da Enrico Montesano a Ida di Benedetto.
Sono però Gabriella Pession e Sergio Assisi, protagonisti di “Mannaggia la miseria”, a citare dei veri e propri “aforismi” della Wertmüller, due espressioni che esprimono in pieno la filosofia della regista romana: “A volte la fortuna è nella sfiga” e “la vita è una mezz’oretta, qualche volta una ventina di minuti”. A completare l’omaggio, la proiezione di “Pasqualino Settebellezze”, primo film in cui all’Oscar per la regia fu candidata una donna.
Minuta, i capelli argentei e una montatura d’occhiali divenuta caratteristica quasi come i titoli dei suoi film, la Wertmüller nasce a Roma da padre lucano e madre romana di nobili origini svizzere. Ma nei suoi 25 lungometraggi sembra che ad emergere sia più l’ascendete paterno radicato nella provincia meridionale che il coté nobiliare, affrontato nell’ultima parte della carriera. L’esordio dietro la macchina da presa è datato 1963, il film è “I basilischi”, storia di giovani apparentata spesso ai “Vitelloni” di Fellini, con il quale per altro la Wertmüller ha collaborato. Ma se “I basilischi” affronta la provincia pugliese, è Napoli lo sfondo che la regista predilige per ambientare la maggior parte delle sue storie. Una Napoli colta con le sue mille sfaccettature e i suoi mille volti, come quella dei vicoli e dei bassi dove si muove l’attore feticcio Giancarlo Giannini in “Pasqualino Settebellezze”, o magari la Napoli borbonica di “Ferdinando e Carolina”, o ancora l’hinterland problematico in cui si ritrova casualmente il professore Paolo Villaggio in “Io speriamo che me la cavo”. Ancora, la Napoli malavitosa di “Un complicato intrigo di donne vicoli e delitti” o la penisola sorrentina di fine Ottocento per “Francesca e Nunziata”.
Caratteri sanguigni, personaggi eccessivi più che eccentrici, storie intricate, non ultimi titoli di una lunghezza spesso spropositata (per “Un fatto di sangue nel comune di Siculiana fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici. Amore-Morte-Shimmy. Lugano belle. Tarantelle. Tarallucci e vino.” c’è stato addirittura l’inserimento nel Guinness dei Primati per il titolo cinematografico più lungo) e forti caratterizzazioni per le realtà locali, con ampio uso di dialetti anche settentrionali. Questo fa di Lina Wertmüller una regista troppo chiusa nella cornice itaiana? Assolutamente no, perché innanzitutto è autrice (sue anche le sceneggiature), e di respiro internazionale. Basti ricordare le quattro candidature all’Oscar per “Pasqualino Settebellezze” nel 1977 e il remake hollywoodiano di “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto”, altro film del suo periodo più prolifico, gli anni Settanta appunto, con protagonisti quei due attori la cui carriera sarebbe meno luminosa senza il forte imprint della regista romana: Giancarlo Giannini e Mariangela Melato. E se tra gli altri attori italiani figurano nomi come Sophia Loren, Ugo Tognazzi, Roberto Herlitzka o Paolo Villaggio, la filmografia wertmulleriana annovera le partecipazioni di vere e proprie star internazionali come Harvey Keitel, Peter O’Toole, Candice Bergen, Rutger Hauer, F. Murray Abraham, Nastassja Kinski.
Raccontare brevemente una carriera e una personalità così ricca e importante è opera decisamente proibitiva. A questo punto, meglio concludere con un pensiero che Henry Miller (l’autore di “Tropico del Cancro”) espresse sulla Lina nazionale: “Avete mai visto un film di Lina Wertmüller? Lina, a mio parere, è il miglior regista di qualsiasi uomo!”
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