Articoli, interviste, news a portata di mouse...

« Older   Newer »
  Share  
ladyscream
view post Posted on 2/9/2012, 17:11




grazie sìsì^^ :heart_eyes.gif:
 
Top
Geric
view post Posted on 18/9/2012, 13:32




Intervista a RadioCorriereTV (n.48 - Anno81 - 14 Settembre 2012)
Ho portato a Milano il mio cuore del Sud
di Silvia Battazza

Come si è trovato nei panni del commissario che inventò la Mobile?
Nella vita di un attore prima o poi arriva sempre un commissario…e il mio è stato proprio Nardone. Ma, a differenza degli altri commissari nati dalla fantasia di sceneggiatori o dalla penna di scrittori, il mio è realmente esistito. Quindi sulle spalle mi sono sentito una grande responsabilità anche perché Nardone è stato un vero e proprio mito degli anni Cinquanta. Non si poteva inventare troppo. C'era il rischio concreto di mettere in scena un personaggio che non corrispondesse alla realtà. Ed è andata bene. Sono molto soddisfatto del risultato perché, nonostante avessi poche informazioni, la mia interpretazione è piaciuta anche al figlio di Mario Nardone. è stata davvero una bella esperienza. Sin dal primo giorno di lavoro si è creato un gruppo molto affiatato e questo, sono certo, lo percepirà anche il pubblico da casa.

Come lo definirebbe?
Un supereroe umano. Non superman, ma un superuomo. Un uomo del Sud, conservatore, reazionario, molto legato alla famiglia, a quei valori un po' antichi: il lavoro, la famiglia, la donna che deve stare a casa ad accudire i figli, a preparare manicaretti….

Nonostante questo suo bagaglio culturale, si è poi dimostrato un uomo aperto e molto moderno…
Sì, e questo ci fa capire che quando le persone sono intelligenti alla fine hanno un'apertura mentale tale da consentire sempre all'intelligenza di avere il sopravvento. Tant'è vero che fu rimosso dal suo incarico alla Questura di Parma perché era uno che "rompeva le scatole" e lui, anche nella punizione, è riuscito a trovare un punto di forza. A Milano ha creato una squadra fortissima, "la Mobile" che poi ci ha invidiato tutto il mondo. È stato Nardone anche ad "inventare" il 777, quello che oggi è il 113. Ecco, tu chiami il numero e arriva la polizia, semplice, ma senza dubbio geniale, proprio com'era lui! Insomma, era un nuovo intelligente, creativo, caparbio e con lo sguardo sempre proteso al futuro!

Un personaggio che ha sfatato un sacco di stereotipi, compreso quello dell'uomo del Sud, un po' flemmatico e più propenso al riposo che al lavoro…
Era un uomo davvero fuori dal comune, decisamente un portento sul lavoro. Non guardava mai l'orologio, si sentiva sempre in servizio…e a proposito di flemma e di stereotipi legati al Sud, credo sia solo un problema legato al clima. Al Sud c'è sempre il sole…e, se fa caldo, è ovvio che ritmi di vita e di lavoro siano diversi rispetto a quelli dei luoghi dove fa freddo. Immagino che la "voglia" di lavorare dove le temperature sono alte per gran parte del giorno sia naturalmente inferiore rispetto ai paesi freddi! Lei pensi ad esempio agli svedesi…che cosa possono fare se non lavorare!

Cosa le appartiene del carattere di Nardone?
L'amore per la nostra terra. Lui era di Avellino, io sono di Napoli. Anch'io, come Nardone, cerco di portare la mia napoletanità in tutto ciò che faccio. Sono un "napoletano sfegatato", amo la mia città dal profondo. È straordinaria, bellissima, è la culla della civiltà, la culla vera della cultura a livello mondiale.

E' per questo motivo che ha aperto una pizzeria napoletana negli Stati Uniti?
Non è proprio così. Diciamo che due anni fa ero a New York per aiutare degli amici ad aprire una pizzeria. Ho dato solo il mio contributo "creativo", ma la pizzeria non è mia.

Già, perché creativo lei lo è stato fin da piccolo. A soli 12 anni ha cominciato a scrivere racconti e attualmente ha al suo attivo tre libri…
Tutto vero, scrivere è una delle mie passioni. I tre libri li ho realizzati insieme a mio fratello Dario. Sono tutti dedicati alla nostra città: due sono libri fotografici, mentre il terzo raccoglie le richieste di grazia più stravaganti dei napoletani.

La richiesta che più l'ha colpita?
Ce ne sono davvero tante. Tutte divertenti, anche se poi nascondono una certa dose di drammaticità. Quella che mi è rimasta più impressa, proprio per questa tragicità nascosta è "ti prego fai uscire Giovanni dal comò". Quando l'ho sentita mi ha fatto molto ridere, poi mi hanno spiegato che Giovanni non era nel comò, ma in coma. Quindi capisci che c'è sempre un risvolto sociale molto forte, non sono battute banali come sembrano!

E la foto che più di ogni altra le sembra indicativa dello spirito della sua città?
"Vendesi bare usate"…lo trovo uno scatto fantastico! E pensare che a Napoli dicono che non si faccia il riciclaggio della spazzatura! Si riusano anche le bare!

Anche la scelta della sua professione ha a che fare con la creatività insita nel suo dna partenopeo?
Non avrei potuto amare nessun altro lavoro tanto quanto amo il mio. I miei genitori all'inizio non erano proprio entusiasti. Volevano che studiassi Legge. Io li ho accontentati, poi però contemporaneamente studiavo all'Accademia di Arte Drammatica. Ho seguito la mia strada. E, alla fine, la mia passione ha vinto su tutto e tutti.

Passa con disinvoltura da ruoli in costume a quelli contemporanei, dal genere drammatico alla commedia, da personaggi brillanti a ruoli negativi. Con quali vesti si sente più a suo agio?
Io mi reputo, modestamente, più che un attore un artista e un artista non ha mai una forma ben definita. Certo, preferisco la commedia perché, come tengo a ribadire, è insita nella mia "napoletanità", dopo tutto vengo da una cultura di tragi-commedia, quella di De Filippo, di Massimo Troisi e Totò. Direi che la "conditio sine qua non" però non è il "genere", ma è la qualità.

Molti ruoli importanti e anche tanti premi. Cosa si augura per il futuro?
Sono molto soddisfatto di come stanno procedendo le cose anche se non credo che siano i premi, i trofei a definire le capacità di una persona, di un attore. Certo, un premio fa sempre piacere, ma non può essere un gruppo ristretto di persone, che in un particolare momento ti giudicano, a stabilire veramente se sei bravo o no. Per quanto mi riguarda, i premi sono solo soprammobili che prendono polvere. Che cosa mi auguro per il futuro? Fare quello che amo, quello per cui sono nato. Divertirmi e far divertire gli altri attraverso il mio divertimento.

Questo per la professione. E nella vita privata?
Mi auguro il meglio che ci si possa aspettare. Non so quale sia il meglio per me, ma aspetto con fiducia. Sono aperto a tutto. Non ho una donna ideale. Bionda, mora, verde, arancione… purchè sia intelligente e autoironica.

Quest'estate lei ha scritto su twitter "buon giorno a tutti gli ubriachi di bellezza". Qual è la bellezza che la inebria?
Io sono sempre ubriaco di bellezza. I grandi pensatori, da Gandhi al Papa, hanno sempre sostenuto che la bellezza salverà il mondo. è vero. La bellezza va intesa come conservazione. Se tu vai in un posto bello, ci ritorni. Se tu vedi un posto pulito, sei meno portato a sporcarlo. Io sono un amante della bellezza in tutti i sensi: interiore ed esteriore.

Cosa invece non le piace. Cosa la fa arrabbiare?
La stupidità. Attenzione, non che io non lo sia, ma è una cosa che proprio non sopporto.

In questi casi riesce ad essere clemente?
Con gli altri, negli ultimi anni, lo sono diventato molto. Col tempo sono divenuto un buon conoscitore della natura umana e, come dice Paolo Sorrentino nel suo libro che ho letto ormai 25 volte, ho capito "che hanno tutti ragione". È proprio così, nel bene e nel male. Noi non siamo altro che il prodotto di quello che siamo stati da piccoli, delle informazioni che ci sono state date, dei luoghi in cui abbiamo vissuto e da come abbiamo vissuto, quindi "hanno tutti ragione"…

Per chiudere, mi tolga una curiosità. Nardone, a un certo punto della fiction, si lamenta del caffè fatto al Nord. Lei, che ha ribadito più volte di essere un napoletano verace, ci sveli finalmente l'arcano. Come si prepara un buon caffè?
…Non le posso svelare tutti i segreti, altrimenti che segreti sarebbero? Comunque qualche piccola dritta ve la posso dare: prima di tutto conservare la miscela in frigorifero chiusa all'interno di un barattolo di latta. Poi, e questa è una mia accortezza, usare solo acqua minerale, intendo quella frizzante!

Allora ci proveremo
 
Top
Geric
view post Posted on 24/9/2012, 18:57




Unità
13 Settembre 2012
Benvenuto al Nord
Parla Sergio Assisi che interpreta un personaggio storico, Mario Nardone che negli anni 50 combattè la mala E nonostante i pregiudizi contro i terroni si fece apprezzare

di Valerio Rosa Roma
Un cane sciolto, di origini meridionali, con una smaccata tendenza a infischiarsi delle regole, una malcelata sfiducia (peraltro perfettamente ricambiata) nella rettitudine dei suoi superiori e un certo ascendente sulle donne. Gli ingredienti base del poliziesco all'italiana di successo ci sono tutti, eppure Il commissario Nardone (stasera su Rai1 la seconda puntata, dopo il pieno di ascolti - cinque milioni - della prima) mostra alcuni segni di originalità, oltre a un livello complessivo decisamente superiore alla media della malandata fiction di casa nostra.
Sergio Assisi, il protagonista della serie, ci scherza su: «In effetti, nella vita di un attore prima o poi un commissario arriva. Nella cultura cinematografica e televisiva non solo italiana, ma anche americana, i ruoli fondamentali sono tre: il commissario, il medico e il prete. Solo che questa è una storia vera. Mario Nardone è realmente esistito, ha inventato la squadra mobile ed è sfuggito al fuoco amico di chi voleva farlo fuori: lo avevano mandato a Milano per punirlo per avere denunciato dei colleghi. Ma tu immagina un campano sbattuto nella Milano degli anni 50, con la mala che si sta organizzando».

Un ambiente difficile, in cui però Nardone riesce a cavarsela?
«A costo di sembrare campanilista, geneticamente i popoli del sud hanno uno spirito di adattamento superiore, come i giamaicani nella corsa veloce o i kenioti nel fondo. Certo, può diventare un'arma a doppio taglio, perché a forza di abituarti a tutto ti abitui anche al male. E qui ci starebbe bene una metafora».
Coraggio.
«Quando sta per scapparmi una metafora mi viene sempre in mente una frase di Jack Nicholson in Qualcosa è cambiato: la gente che parla per metafore dovrebbe farmi uno shampoo allo scroto. E io parlo solo per metafore! Ad ogni modo, mi sento come una pianta, con le radici ben piantate nella mia Napoli e i rami e le foglie liberi di espandersi altrove. Così posso essere, nella mia piccolezza, un esempio per qualcuno, anche per una persona sola. Mi ispiro a Gandhi: se hai salvato una persona, hai salvato il mondo».

Torniamo a Nardone: all'inizio i milanesi lo guardano storto, ma anche lui ha i suoi pregiudizi. O no?
«Sì, ma i suoi non sono pregiudizi territoriali. Ha un residuo di conservatorismo meridionale che però supera, dimostrando anzi una grande apertura mentale. Lui ottiene risultati straordinari nonostante i pochi mezzi a disposizione. Certo, all'inizio ha un'idea della donna un po' all'antica, l'angelo del focolare che sta a casa e cresce i figli, ma poi sposa una donna milanese autonoma, indipendente, che lavora. Un percorso in fondo normale, e forse è proprio questo che il pubblico ha apprezzato: Nardone non è un supereroe, ma si fa forte della sua normalità e della sua passione per il lavoro e per la giustizia. Ha piccoli ideali molto semplici. L'impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale»

Ed è grazie a questa normalità che i milanesi alla fine lo accettano? «Esatto, anche se in fondo i pregiudizi territoriali esistono da sempre. In un certo senso, nascondono un lato positivo, l'attaccamento alla propria terra, così come una bestemmia ha senso perché dietro c'è una grande fede. Quanto a me, sono felice quando mi chiamano terrone: tutto viene dalla terra»

I milanesi accetteranno anche i migranti di oggi?
«L'uomo è migrante per sua natura. Se il mondo è di tutti, io non vedo confini, muri, dogane, ma c'è poco da fare: l'essere umano è una chiavica e sente la necessità di confini, muri e dogane. Non nego che anch'io, quando succede qualcosa e i responsabili sono extracomunitari, cado nella tentazione di augurarmi che vengano mandati via. Penso che ci vorranno almeno 5 o 600 anni per raggiungere un livello di civiltà accettabile».

E tra cinque secoli i posteri ricorderanno Il commissario Nardone come una delle poche fiction in cui sono stati azzeccati tutti gli interpreti: che ne pensa il bravo Luigi Di Fiore, che interpreta il milanesissimo brigadiere Muraro, braccio destro di Nardone? «Dopo dieci giorni di lavorazione abbiamo avuto la stessa sensazione: ognuno era giusto nel suo ruolo. Forse si sono distratti e, per una volta, è stata fatta una scelta solo artistica»

Edited by Geric - 27/9/2012, 20:37
 
Top
Geric
view post Posted on 27/9/2012, 19:32




Famiglia Cristiana
Il commissario Nardone, un eroe in Tv
L’attore Sergio Assisi, napoletano, interpreta in una fiction Rai il commissario Nardone, che nel dopoguerra diede vita alla polizia moderna, creando la Squadra Mobile.
25/09/2012
Dopo oltre due anni la Rai ha tirato fuori dal cassetto una fiction, già pronta, dedicata al Commissario Nardone. Finalmente, potremmo dire. Perché, in questo caso, la televisione non è solo intrattenimento ma soddisfa le richieste dei numerosi telespettatori che auspicano programmi di un certo spessore. Forse non tutti sanno, infatti, che Mario Nardone è veramente esistito ed è colui che diede vita, nel dopoguerra, alla polizia moderna creando la Squadra Mobile. Risolse i casi di Rina Fort, la belva di San Gregorio, e quello della Banda di Via Osoppo. Di origine campane, venne trasferito da Parma in una Milano in preda alla criminalità organizzata. Per interpretare il ruolo di questo eroe moderno e molto umano è stato scelto Sergio Assisi, divenuto popolare per aver interpretato serie di successo come Elisa di Rivombrosa e Capri. Fisicamente non assomiglia molto a Nardone ma la sua interpretazione del Commissario è più che convincente.

Nella vita di un attore, prima o poi, arriva sempre un commissario. A te, è capitato uno veramente esistito…
Quello che mi ha colpito di Nardone, e ripeto sovente, è il fatto di essere una persona normalissima che ha fatto della semplicità il suo punto di forza. È diventato un eroe grazie alla passione che aveva per il suo lavoro, per la famiglia e per il gruppo che è riuscito a fondare. Per me, è un esempio fortissimo. E in un momento in cui si ha così tanto la necessità di eroi significa che qualcosa non funziona...

Conoscevi la figura di Nardone prima di interpretarlo?
L’avevo solo sentito nominare per le sue indagini e per i suoi successi. Anche su Internet non c’è molto su di lui. Ho conosciuto il personaggio attraverso i ricordi del figlio, oggi un affermato medico. La cosa bella è che mi sono ritrovato, senza saperlo, con molti punti caratteriali in comune con il personaggio che ho interpretato.

Caratteriali, non fisici…
Non è importante ricordare fisicamente la figura che andrai ad interpretare, ma sapersi calare nel ruolo che ti hanno affidato, secondo me. In Italia, invece, si cerca quasi sempre un attore che assomigli alla persona realmente esistita. Allora perché non prendere dei sosia? Negli Stati Uniti non funziona così. Gli americani non si pongono il problema delle somiglianze, delle altezze, dell’età. A Hollywood riescono a far passare attori di 45 anni per adolescenti e viceversa.

Il figlio di Nardone si è dimostrato contento per come è stato rappresentato il padre?
Contentissimo. Mi sono commosso anch’io quando l’ho visto con gli occhi lucidi mentre guardava la prima puntata della serie.

Quali sono le caratteristiche che vi accomunano?
Il fatto di essere fumantino, di non sopportare le ingiustizie, di essere del sud. Poi ho aggiunto al personaggio un po’ del mio, come la napolenità.

Nardone a Milano non riusciva a trovare un caffè buono come quello di Napoli: anche tu sei un integralista del caffè?
Certamente. Il tormentone del caffè, nella fiction, l’ho cavalcato con piacere. Negli anni ’50 avere una buona tazzina di caffè era davvero difficile, praticamente un lusso. Oggi il caffè buono c’è dappertutto. Nel capoluogo lombardo, tra l’altro, ho bevuto dell’ottima miscela, ma il caffè di Napoli rimane unico…

Per un poliziotto non è facile avere una famiglia. Anche per un attore può essere complicato?
L’arte è un dono e una dannazione allo stesso tempo. Rischi di trovarti solo, è vero. Perché l’arte si nutre di due cose: fame e solitudine. Quando finisce la fame, finisce l’estro artistico. L’arte, poi, si nutre di solitudine. Non sono un estremista di questo pensiero ma in solitudine si crea di più. Mi ritengo un animale sociale ma, per il momento, sono ancora single.

Se non avessi vinto la borsa di studio all’Accademia d’Arte Drammatica del Teatro Bellini di Napoli, pensi che saresti diventato comunque un attore?
Forse avrei fatto l’avvocato. Mi mancano solo 4 esami alla laurea, esami che non ho più dato perché è stata, in realtà, la mia vera strada a scegliere me. Certo ho fatto delle scelte importanti, ma solo dopo aver intrapreso il percorso della recitazione. Nella fase iniziale, è stato il destino mosso, comunque e sempre, dalla mia volontà ad indicarmi quella che sarebbe diventata la mia professione. Ma è solo con il tempo che le scelte diventano autonome, nel senso che la resistenza alle difficoltà che incontri è già una scelta. Se tu credi veramente in qualcosa la persegui senza mai stancarti.

Sei uno dei pochi attori che ha diversificato la propria attività. Non sei solo attore ma anche scrittore e di recente hai aperto una società di produzione. Per combattere i momenti di crisi, la noia o per passione?
La linea guida è sempre la passione, indipendentemente dal fatto che faccia libri, regia o produzioni cinematografiche. Da poco abbiamo prodotto uno spot per Napoli che si chiama Il lungomare più bello del mondo. Nei primi due giorni di pubblicazione on line ha avuto 200 mila accessi. E quando fai le cose per passione poi arrivano anche i vantaggi. Mi stanno offrendo tantissime altre opportunità. Ora stiamo lavorando insieme ad Andrea ed Alessandro Cannavale, figli del grande attore Enzo, alla preparazione di un film che ho scritto e che si chiama A Napoli non piove mai. Si tratta di una commedia che dovrebbe uscire la prossima primavera-estate.

Hai fatto anche un film con Maria Grazia Cucinotta, C’è sempre un perché , nelle nostre sale a febbraio. È vero che è una produzione italo-cinese?
Sì, è la prima produzione italo-cinese andata a buon fine grazie alla Cucinotta, che è stata lungimirante e bravissima. È stato un progetto molto difficile da realizzare per la lingua e per le differenze culturali. Interfacciarsi sul set è stato piuttosto complicato.

Ma come recitano i cinesi?
Bella domanda… non lo capisci perché parlano in cinese… Scherzi a parte, la recitazione è completamente diversa e quindi non ho un parametro di giudizio.

Subito dopo Nardone sei tornato al tuo look, capelli lunghi e spettinati?
Assolutamente sì. Mi piace nascondere un po’ il viso con i capelli, forse perché in fondo sono un timido, e per nulla attento alla moda. Potrebbe essere impopolare questa scelta per un attore, ma sono fatto così.

Nella tua carriera sei passato con disinvoltura dai ruoli drammatici a quelli brillanti, da quelli in costume a quelli negativi. Cosa ti manca?
Vorrei calarmi nei panni di un santo come Sant’Agostino o San Francesco. Anzi, San Gennaro!

di Monica Sala
 
Top
Geric
view post Posted on 22/1/2013, 14:30




+ECONOMIA
Stamane l'incontro al'Istituto Compresivo Dante Alighieri
«Avellino nel mio destino»: il messaggio d'amore di Sergio Assisi alla città
In primavera le riprese di "Ultima fermata" dedicato all'Avellino - Rocchetta: «Una bella storia d’amore tra padre e figlio»
La memoria è fondamentale per non ripetere gli errori nel futuro.

Questo il messaggio che l’attore Sergio Assisi ha voluto consegnare ai piccoli alunni dell’Istituto Comprensivo Dante Alighieri di Avellino in occasione di una delle iniziative organizzate per ricordare la shoah.

La giornata di oggi è stata dedicata all’amicizia. E l’attore partenopeo è stato protagonista con la lettura di uno stralcio della novella dello scrittore tedesco Fred Uhlman “L’amico ritrovato”. Tale racconto è una breve storia ispirata ai ricordi personali dell’autore, descrive come questi, ebreo tedesco, vede finire la sua amicizia con il compagno di scuola Konradin von Hohenfels a causa della sua adesione al partito nazista. Fuggito negli Stati Uniti per scampare alla Shoah, a distanza di molti anni il protagonista viene a sapere della sua sorte e ne rilegge il passato e le scelte alla luce dell’umana pietà e comprensione. Il titolo, L'amico ritrovato, va inteso proprio in funzione di ricongiunzione "spirituale" postuma e di riconciliazione.


A parlare nei dettagli dell’iniziativa è la preside dell’istituto Ida Grella: «Nell’ambito delle iniziative per la giornata della memoria, la giornata di oggi è dedicata al teatro. Sergio Assisi è stato nostro ospite per leggere una pagina dell’Amico ritrovato. Un tema sul quale i ragazzi sono stati preparati dai docenti. E hanno apprezzato moltissimo vista la sensibilità con cui è stato trattato l’argomento. A tal proposito l’attore è stato bravissimo a mediare».

La giornata di oggi rientra in una serie di iniziative organizzate dall’istituto: «Francesca Tadini sarà ospite della nostra scuola e leggerà “Lettere degli angeli da Auschwitz” ai ragazzi della scuola primaria. Le iniziative si concluderanno con l’arrivo di Perlasca nel nostro istituto il 2 febbraio per inaugurare un vialetto della memoria nel nostro parco intitolato al padre giusto delle nazioni».


E un emozionato Sergio Assisi spiega l’importanza di parlare ai più piccoli di memoria: «E’ fondamentale per non ripetere gli errori nel futuro - ha dichiarato - . Spesso si pensa che lo studio della storia sia “palloso” invece serve proprio a quello. Non è solamente dati e date ma è assolutamente memoria. E a tal proposito mi sembra doveroso, visto il mestiere che faccio, comunicare ai ragazzi dei consigli per il futuro».

Avellino ultimamente è entrata a pieno titolo nella carriera di Assisi: prima la fiction sul “Commissario Nardone” poi il film “Ultima fermata” dedicato alla linea ferroviaria Avellino – Rocchetta.
«Un film per il cinema che abbiamo già cominciato a girare - ha detto Assisi - . Per ultimare le riprese stiamo aspettando che arrivi la primavera. Sul set ci saranno anche Claudia cardinale e Filippe Leroy. La regia è affidata a Gianbattista Assanti, una persona preziosissima e di grande sensibilità. La trama parla di una bella storia d’amore tra padre e figlio».

E sul ritorno di Avellino nella sua vita dice: «Niente avviene per caso, vuol dire che Avellino per me in questo momento è un posto molto fertile. L’altro giorno - ha concluso - incontrai il ministro Cancellieri e il capo della polizia Antonio Manganelli e pensammo che Avellino possa essere definita una caput mundi in quanto in questo ultimo periodo gira tutto intorno ad essa».

Laura De Gisi
22/01/2013
www.piueconomia.it/ArticoloShow.aspx?ID_NEWS=5083

Il Ciriaco
Assisi sottoscrive per l'Eliseo: «Resistiamo per difendere l'arte»
>Una storia sulla forza dell’amicizia, e sugli ostacoli che riesce a superare grazie al potere del perdono. Per dare il via alle celebrazioni del ricordo della Shoah, che come ogni anno avranno il loro culmine nel Giorno della Memoria il 27 gennaio, l’istituto comprensivo “Luigi Perna – Dante Alighieri” ha ospitato un reading-spettacolo basato sul testo L’amico ritrovato, di Fred Uhlman.
Brevi spezzoni video ripercorrono sia il racconto che la grande storia del regime nazista, e si fondono alle musiche di Ennio Morricone. Tutti gli elementi sono coordinati dalla regia di un irpino Doc, Giambattista Assanti, ma a dare voce e interpretazione drammatica alle parole dello scrittore tedesco, c’è uno degli attori italiani più amati degli ultimi anni: Sergio Assisi. Ben contento di concedersi alla firma di autografi e alle fotografie di tanti piccoli fan, ammette che i «bambini sono il pubblico più difficile. Se riesci a mantenere alto il loro livello di attenzione, vuol dire che stai dicendo qualcosa di interessante o, comunque, che sai comunicare».
È un rapporto privilegiato quello che l’istrione partenopeo ha con l’Irpinia. Dopo aver vestito per la fiction di Rai1 i panni del Commissario Mario Nardone, capo della squadra mobile di Milano originario di Pietradefusi, Assisi sarà uno dei protagonisti di Ultima Fermata, un film che ripercorrerà la storia della tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta e sarà diretto dal già citato Assanti.
«Un rapporto lavorativamente proficuo, e ci sono ottime basi per proseguirlo. Una di queste, sono proprio gli incontri con i più giovani», dice.
Assisi è uno di quelli che ce l’ha fatta a diventare un attore, un artista, di “mestiere”, e guardando alla sua attenzione per le nuove generazioni e al legame che si è creato tra la sua carriera e la nostra provincia, è impossibile non chiedergli una sua adesione all’appello del Comitato per l’Eliseo, prontamente sottoscritta: «Non conosco la vicenda nei dettagli, ma è impossibile dichiararsi contrari a quanto si sta facendo per questa struttura e per risollevarla. Ho cominciato la mia carriera a 16 anni, in teatro, e poi sono venuti il cinema e la televisione. Ho avuto la possibilità fin da giovanissimo di avere dei luoghi dove “praticare l’arte”, ed è fondamentale. Sono ambiti, quelli della cultura e dello spettacolo, che hanno sempre trovato ostacoli. Nel Medioevo, gli attori li seppellivano fuori dalle mura di cinta delle città e ho come l’impressione che la società di oggi stia quasi regredendo a quei tempi. È sempre più difficile, ma noi dobbiamo difenderci. Resistiamo. Resistete».
www.ilciriaco.it/attualita/news/?news=27308
 
Top
Geric
view post Posted on 30/12/2013, 20:17




MAXIM
Quando l’amore non basta
SERGIO ASSISI
Cosa fare “Quando l’amore non basta”? L’attore e scrittore napoletano prova a trovare una risposta nel suo romanzo fresco di stampa per i tipi di Cairo. Maxim l’ha intervistato per voi.
di Alberto Motta

Essere mitologico che riassume in sé l’animale da palcoscenico e l’attore televisivo, lo scrittore e l’istrione da grande schermo, Sergio Assisi irrompe nelle librerie con un romanzo di disavventure veloce come un Frecciarossa e divertente quanto una commedia degli equivoci.
Il tema, neanche a dirlo, è l’amore, con la A maiuscola e minuscola, declinato – a un certo punto – dalla fisicità di nuova vicina di casa da raccomandare a tutti i santi partenopei (non racconteremo ulteriori dettagli per risparmiarvi lo spoiler).
Per scoprire tutte le sfumature del romanzo “Quando l’amore non basta” abbiamo sottoposto al suo autore Sergio Assisi il nostro questionario maximico.
Lasciamo la parola a Sergio.

Buongiorno Sergio. Partiamo dalla copertina, da quel cartellone sulla banchina. Ce lo spieghi?
Da buon partenopeo, sono un fatalista e credo nei segni che di tanto in tanto l’universo ti mette sulla strada. Ero appunto in strada a New York alla ricerca di segnali che mi potessero indicare la soluzione a vari quesiti. E incredibilmente i miei piedi finiscono su di un foglio di giornale dove Jeff Bridges ha in mano un cartello che appunto recita “Don’t ignore the signs” (non ignorare i segni – ndr). Direi incredibile più che coincidenza. Da qui la mia idea rinnovata sul fatto che bisogna sempre seguire i segni, ma soprattutto imparare a vederli.

Il tuo libro è un puzzle le cui tessere si congiungono pagina dopo pagina, mentre l’ironia fa da cornice al racconto. Quali ingredienti di base hai scelto prima di iniziare la stesura? Suspence, ironia…
Fantasia, intrecci tra mie realtà e scene di film. Un incrocio di immagini e ironia. Quella che cerco di mettere in tutto ciò che faccio. A volte riuscendoci, altre no. Prendere in giro gli eventi nefasti e prendersi in giro. È tutto così effimero e di passaggio che resta il non prendersi sul serio. Scrivere un libro oggi in un paese che scrive dieci volte di più di quanto in realtà legga, diviene solo il desiderio di raccontare una storia, di far sorridere, di suscitare nella mente del lettore, le immagini di cui sopra.

Immagina di trovarti su un Frecciarossa, una bella signora si siede di fronte a te e iniziate a parlare. Come ti presenti, cosa le dici per spiegare chi sei e cosa fai nella vita?
Partendo dal presupposto che in tanti anni e in migliaia di treni presi, non mi è mai capitato di sedermi di fronte ad una bella signora. Sempre e solo uomini incazzati e attaccati al telefonino a produrre chi sa che. Comunque facciamo finta… Ciao mi chiamo Sergio e mi interesso di sogni. Mi piace far sorridere la gente, mi piace far credere che i sogni si possono realizzare. Sono un venditore di fumo, scugnizzo napoletano nel senso creativo del termine. Un bimbo che non vuole crescere nonostante i capelli bianchi. Non un Peter Pan oggi usato come paragone denigratorio verso gli uomini che non vogliono crescere. Per me Peter Pan invece rappresenta il potere di volare attraverso la vita poggiando i piedi sui propri desideri. Piedi non stancati dal tempo e dalla realtà.

Hai mai provato a salire su un Frecciarossa senza biglietto?
Frecciarossa mai. Ma sui vecchi treni venti anni fa sì. Ero costretto dal fatto che non avevo un soldo e l’unica possibilità di inseguire i miei desideri che credevo fossero a Roma, era prendere un treno che mi portasse lì. Salivo e scendevo dai vagoni alle varie fermate e mi chiudevo nei bagni… Proprio come il protagonista del libro

Quando hai capito che “l’amore non basta”? cosa te l’ha fatto capire?
Ovviamente il vivere. Tutti noi passiamo in un mare di esperienze che non servono solo a star male o bene, a sorridere o piangere, ma soprattutto a evolversi. Chi di noi non ha almeno una volta nella vita amato e sofferto? Ecco, quindi credo di poter parlare per tutti i sofferenti. E credo tutti sarebbero d’accordo con me nell’affermare che per essere felici all’interno di una coppia e di un amore, ci vogliono complicità, gioco, pazienza, adattamento eccetera. Oggi non c’è più voglia di sforzarsi. Alla prima difficoltà…l’amore non basta.

Nel fattore GAS (anche qui, non spoileriamo per rispetto nei lettori) rientrano le iniziali del tuo nome e cognome. Un caso?
Cavolo non ci avevo pensato… E allora è proprio il destino che si manifesta. C’era un giochino che si faceva a scuola. Prendi un foglio e scrivi in alto a destra il tuo nome e a sinistra il suo. Al centro tra i due nomi scrivi la parola ‘amore’. Poi conti quante A ci sono nel tuo nome e cognome e nel suo, e lo scrivi sotto alla A; poi conti le M, le O, le R, e le E segnando ogni numero sotto la lettera corrispondente e alla fine le sommi a due a due: A+M; O+R; e la E la trascrivi sotto. Se ti vengono numeri con 2 cifre poi devi sommare le due cifre. Sommi ancora i numeri a due a due insomma, fino a quando non ti escono solo 2 numeri e questa è la percentuale! Ma credo che non funzioni bene.

Dove vivi oggi? Che nicchia sociale frequenti regolarmente? Attori? Scrittori? Registi…
Vivo in giro come uno zingaro. Ogni luogo che mi piace diventa il posto dove vivere… Quando viaggio vorrei comprare una casa in ogni dove. Ma non ne ho nemmeno una di fatto. Perché amo muovermi e ho il timore che con questa usanza tutta italiana di comprare casa mi cristallizzerei e diventerei più pigro. Sono sempre alla ricerca… non so di cosa… ma intanto cerco, poi magari sotto il mio cuscino alla fine del viaggio troverò quello di cui avevo bisogno. È o no questo il senso del vivere? In quanto alle frequentazioni frequento tutti, ma escludo quelli che negli occhi non hanno più amore.

Racconta un aneddoto occorso durante la stesura di “Quando l’amore non basta”.
Alla quattrocentesima lettura mi è venuto un tale malessere, che mi è mancato un attimo, ma sul serio, per non cestinarlo definitivamente e buttare via il lavoro di un paio d’anni. Non certo per la complessità dell’opera, ma perché la mia incostanza mi ha fatto perdere molto tempo. Ho smesso di leggerlo per parecchi mesi. Poi ripreso e riletto non mi è sembrato male… ed eccolo qui.

Sei nato a Napoli e nella tua carriera sei rimasto legato alla città. Nel tuo romanzo racconti Torino. Come mai hai scelto la città più esoterica d’Italia?
Anche Napoli è una città esoterica e, con certezza, una città molto più misteriosa di altre. Ma Torino mi affascina molto… non so, ma forse proprio perché inconsciamente mi comunica delle sensazioni strane. Avevo bisogno di una città del nord ed ho scelto Torino forse perché un napoletano voleva fare pace con vecchie questioni storiche ancora aperte… Ma quello è un altro discorso… viva l’Italia!

Come stanno andando le presentazioni del libro?
Un affetto inatteso. Librerie piene e centinaia di firme stanno provando il mio polso. Sono felice al di là dei risultati. Anche se so che come primo esperimento non potrò mai eguagliare Dan Brown… Ma lo raggiungerò sicuramente. Ah Ah…

Sul tuo twitter hai scritto il 16 settembre: “che con la nave si raddrizzasse anche il resto…” che dici, qualcosa si sta raddrizzando in Italia oggi?
Vorrei essere portatore di buone nuove e speranze. È il mio dovere. Ma dalla mia osservazione sono un po’ dubbioso. Penso che quando i Maya parlassero della fine del mondo, intendessero la fine di una civiltà. I barbari sono tornati e li vediamo ogni giorno nella corruzione, nella mala-politica, nell’egoismo, nell’avidità, e in tutto ciò che sta portando, appunto, la nostra civiltà verso il fondo. Ma sursum corda… sono speranzoso e dico nuovamente viva l’Italia. Quella che non si lamenta e quella che non si addormenta sugli allori di un lontano Rinascimento… Che sia un nuovo Rinascimento, perché l’Italia che tutti noi sogniamo è quella che ha insegnato tutto al mondo intero.

Racconta la trama del tuo romanzo ai lettori di Maxim.
È la storia di un uomo lanciato in una folle corsa verso la stazione per saltare sul primo treno in partenza. Dietro di lui, due auto lo inseguono senza dargli tregua. È ferito ma non può fermarsi. L’unica salvezza è andare lontano. È così che Aldo Russo, ex calciatore professionista con un passato di giovane promessa mai mantenuta, per sfuggire all’inseguimento di Gigi, ex amico, ex allenatore ed ex quasi cognato, e alla pattuglia dei carabinieri ignorati a un posto di blocco, si ritrova nel bagno di un treno Torino-Milano. Senza biglietto, senza portafoglio e senza cellulare. Viene però beccato da un controllore il quale, dopo averlo riconosciuto, esige una spiegazione convincente della sua presenza a bordo. Nella suggestiva cornice della toilette di un Frecciarossa, Aldo inizia a raccontare le sue disavventure. Un romanzo d’amore che dovrebbe divertire…

E spiega perché dovrebbero andare in edicola (refuso dell’autore, sic) a comprare “Quando l’amore non basta” al posto del nuovo libro di Nick Hornby.
Perché se vanno in edicola non lo trovano, ma possono trovare Hornby. Se vanno in libreria forse trovano Assisi. Facciamo così, comprateli tutti e due… Mi piace stare su di una mensola della libreria a fianco a “Non Buttiamoci giù” di Hornby. Credo che un buon libro debba contenere almeno un pensiero che ti rimanga dentro. Quello di Assisi, forse ne ha addirittura un paio.

Edited by Geric - 4/2/2014, 22:41
 
Top
Geric
view post Posted on 4/2/2014, 22:33




TEMA
Intervista all'attore Sergio Assisi
Intervista al celebre attore di cinema e teatro Sergio Assisi
di Roberto Stoppelli

Sergio, il tema di questa uscita e' il sogno, per evitare di emulare il mitico Gigi Marzullo, ti chiedo che cosa e' per Te il sogno? Ti capita di ricordare cosa sogni e, da buon napoletano, ti giochi subito i numeri al banco del lotto?
Il sogno è il reale posto dove sei. Dove viaggia il tuo spirito in quel momento. Le esperienze vissute nei sogni sono reali, come reale è il nostro spirito. Sarebbe impossibile concepire un corpo reale e uno spirito inesistente solo perchè invisibile. Io vivo di sogni. Il sogno fa parte di me, il sogno sono io in tutte le mie forme. Ho un'attività onirica impressionante. E ricordo abbastanza spesso i film che vivo. Di sovente mi sveglio per appuntarmi dei numeri o la mattina dopo cerco una giusta interpretazione, ma non perchè creda alle superstizioni, ma perchè credo nel potere dei sogni e del loro essere avanti nel futuro.

42 anni: un bilancio su i tuoi sogni da ragazzo, se in parte si sono avverati o se stai lavorandoci ancora per avverarli...
Ho 41 anni, lo preciso, che già il tempo è poco! Ho realizzato quasi tutti i miei sogni di bambino, ed è per questo che sogno tanto, per fare in modo di averne sempre nuovi, così da non morire mai...o per lo meno una volta sola.

Hai studiato teatro al Bellini, con Tato Russo, hai recitato per la Wertmuller con candidatura al Globo d'Oro, un inizio folgorante, cosa ricordi di quei momenti e cosa consigli ai giovani che si avvicinano alla recitazione?
Quando mi trovo a dover dare consigli ai giovani che si avvicinano alla recitazione non posso che dire che non devono accettare consigli, ma sbagliare da soli...La recitazione non è una scelta, ma un destino, come dico sempre è un dono e una dannazione. Chi davvero ne sarà consapevole continuerà nel migliore dei modi. Chi vuole la strada breve, può darsi anche che la avrà... ma quella è un'altra cosa, non certo la ricerca della creazione artistica.

In teatro recitando Moliere, Shakespeare, Eduardo Scarpetta e Goldoni, come e dove deve migliorare il teatro in Italia?
Il teatro è in agonia, come tutto questo paese e forse tutto questo mondo. La crisi è culturale e soprattutto umana. Per questo tutto quello che è fondamentale per l'evoluzione dell'essere umano, come il teatro, sta sparendo. Per migliorare e per sollevarsi da questa caduta, bisogna ritornare alla comunione, al bene comune, alla condivisione, ai gruppi. E il teatro e l'arte e tutto quanto di bello c'è.. come d'incanto riapparirà naturalmente.

Ferdinando di Borbone in Ferdinando e Carolina, Antonio in L'uomo della fortuna, Crescenzio in Guardiani delle nuvole, Leo in C'è sempre un perchè...​tanti personaggi, chi ti assomiglia di più? E a chi vorresti assomigliare? Sei più un re o un capopopolo?
Io sono il re di me stesso e il capopopolo delle mie confusioni. Sono il re delle cadute e delle idee per risollevarsi. Sono un capopopolo che ascolta chi sa ascoltare, e che è sordo, cieco e muto di fronte alla stupidità e l'ignoranza.

Mi ricordo che con tanti amici, soprattutto donne, agli inizi della Tua carriera, iniziammo un passaparola per far salire l'audience delle fiction dove recitavi...​zie, nonne, cugini, tutti davanti alla tv per vedere l'amico Sergio...e poi il successo...​qualche episodio che ricorderai per sempre?
La prima telefonata che cambiò davvero la mia vita. Era estate, un caldo torrido, io ero allora nella mia vecchia casa di Napoli e migliore era aspettare che passasse presto l'estate...​Ma poi quel caldo si è trasformato nella più bella estate della mia vita, perchè Lina Wertmuller la cambiò per sempre. Quello che ricorderò per sempre è vedere una mattina il mio faccione su di un cartellone pubblicitario sei metri per tre attaccato proprio all'uscita del mio portone di casa. Un'emozione unica e indimenticabile.

Cosa è rimasto di quel ragazzo che voleva fare l'attore?
Un mezzo uomo un po' stanco del sistema che lo circonda e di tutte le delusioni che riguardano il lavoro...​Ma nessuna delusione per il bimbo ancora vivo, lo stesso di cui sopra, che cerca di continuare a sognare... anche se fanno di tutto per farti passare la voglia. Sai, nella storia i visionari hanno sempre fatto una brutta fine...

Ho perso il conto delle fiction nelle quali hai recitato: La squadra, Elisa di Rivombrosa, Assunta Spina, Capri, Il commissario Nardone, Una coppia modello, in questo momento di crisi le fiction servono a far sbarcare il lunario o a far vedere che senza tante produzioni cinematografiche ci sono dei bravi attori?
Oggi salvando la pace di alcune, servono solo a rimpinguare le tasche di alcuni soggetti. Nessuna arte, nessuna voglia di fare delle cose belle, nessuna intenzione di insegnare qualcosa. Ossia l'idea è ingannare il pubblico affinchè pensi che quello che sta vedendo sia fatto per il suo piacere e crescita. Ma, ripeto, salvando la pace di qualcuno che ancora ha l'entusiasmo vero per questo mestiere...l'appiattimento è globale.

Tempo fa, come capita a tanti, entrai in una libreria per cercare un libro di O. Soriano e, tra le pile di libri, vidi Spazza Napoli, il tuo primo libro. Da dove nasce e come ti è venuta questa idea?
Il libro di foto in realtà è un'idea di mio fratello Dario, che cominciò anni prima a fotografare Napoli nelle sue forme più estreme, divertenti e contraddittorie. Da lì la mia idea di usare anche il mio nome e le mie foto per farne un unico progetto e semplicemente fare sorridere di un popolo che in realtà nonostante tutto la forza per farlo... la trova sempre.

L'ultimo libro, edito dalla Cairo, Quando l'amore non basta....è un romanzo autobiografico? Potrebbe essere la sceneggiatura di un Tuo prossimo film?
Quando l'amore non basta non è autobiografico ma è ovvio che tante cose vissute nella realtà vengano camuffate e romanzate. Tutto ciò che si crea nel mondo esteriore, viene dalla realtà interiore.

"Ultima fermata" di G. Assanti girato tra Avellino e Benevento ti avvicina alle nostre province, anche se ambientato in epoche differenti? Molti posti sono sempre gli stessi, o meglio sono cambiati poco, cosa hanno suscitato in Te?
In realtà ho solo partecipato a quel film... Ho visto dei posti fermi nel tempo. Adoro la Campania tutta. Non perchè sia napoletano, ma perchè credo che la ricchezza e bellezza e fertilità in tutti i sensi, di questo pezzo di terra potevano contribuire a fare l'Italia... Invece qui si sta solo morendo...​Adoro i paesini, i posti sospesi, quei luoghi che mi ricordano "l'essere umano".

Claudia Cardinale, una musa del cinema italiano, emozionato quando hai recitato con Lei?
E' come chiedere ad un affamato davanti ad un piatto di lasagne..."ti piaccciono"?

Nel 2009 il libro "San Giuseppe facci vincere lo scudetto fino al 3000", ma non era San Gennaro?
Sì era San Gennaro, ma per dargli una visione un po' più nazionale abbiamo usato come titolo una richiesta vera fatta a San Giuseppe... Quel libro non è banale come sembra, ma è un vero e proprio spaccato sociologico. Una finestra sui problemi, desideri e sogni di un popolo che ancora crede in qualcosa di soprannaturale e divino.

Prossimi progetti?
Sto lavorando alla preparazione del mio primo film, da me scritto e spero diretto "A NAPOLI NON PIOVE MAI". Una commedia d'amore ambientata nella suggestiva cornice di Napoli.
 
Top
Geric
view post Posted on 5/3/2015, 12:41




OGGI
05 marzo 2015
Sergio Assisi: “Noi speriamo che ce la caviamo”, idee semiserie per arrangiarsi in tempi di crisi
L’attore racconta il suo manuale, fotografico, per arrangiarsi nell’Italia della crisi tra mestieri assurdi e l’arte di arrangiarsi partenopea…con un omaggio speciale a Marcello D’Orta

La stiratrice di giornali, l’“ingelositore” per mariti disattenti, l’affitta cani-antifurto, il prenota-pizza. Sono alcuni tra i bizzarri mestieri, alcuni veri e altri inventati, raccolti in un’ironica rassegna nel libro fotografico “Noi speriamo che ce la caviamo – 100 modi per arrangiarsi nell’Italia della crisi”, da poco pubblicato per Cairo Editore. La raccolta, un pretesto semiserio per raccontare la quotidianità in tempi di emergenza occupazione, è un’idea dell’attore Sergio Assisi, di suo fratello Dario, fotografo professionista, e di Marcello D’Orta, il maestro elementare che scrisse il best seller da milioni di copie Io speriamo che me la cavo. Ad arricchire il volumetto ci sono anche i disegni di Paolo de Prisco, mentre ai testi ha collaborato il giornalista Domenico Raio.

Noi speriamo che ce la caviamo copertina«Questo libro, anche nel titolo, è prima di tutto un omaggio alla memoria di Marcello D’Orta, scomparso poco più di un anno fa, qui al suo ultimo lavoro – esordisce Sergio Assisi –. Ringrazio la moglie Laura Di Martino per averci accordato fiducia nel proseguire con la pubblicazione. Nei testi che accompagnano le nostre immagini emergono tutto l’umorismo, la fantasia e l’intelligenza narrativa di Marcello. Le sue parole raccontano come il bisogno e la crisi economica aguzzino il nostro ingegno per garantirci la sopravvivenza, facendoci inventare lavori curiosi e più o meno originali».

Tra mestieri quasi scomparsi, come il lustrascarpe, altri praticamente ignoti ai più, come l’oliatore di serrande di negozi, o inconsueti come il noleggiatore di colombe per matrimoni, vi siete imbattuti in una serie di mestieri a dir poco assurdi…
«Senza dubbio. Da napoletani ci è venuto naturale osservare la nostra gente e ciò che più affonda nella filosofia di questo popolo. La capacità di inventarsi giorno per giorno e di adattarsi alle difficoltà, aguzza l’ingegno».

La proverbiale arte di arrangiarsi partenopea…
«Infatti. A proposito, cito un esempio raccontato da D’Orta nel libro, si tratta di una testimonianza di Giuseppe Marotta, l’autore di “L’oro di Napoli”. Siamo nel 1947, ai Quartieri Spagnoli. Avvicinandosi a una donna, lo scrittore con fare serio chiese: “Potrebbe procurarmi una portaerei?”. E la donna, all’insolita richiesta, rispose senza scomporsi: “Passate domani mattina, ora è troppo tardi”. Insomma, da sempre a Napoli tutto sembra essere possibile».

Cosa le piace e cosa le è più difficile accettare nell’atteggiamento napoletano verso la vita?
«La capacità di adattarsi alle situazioni e trovare soluzioni alternative, quando si presentano avversità, è segno di una capacità non comune. Non va bene quando la sopportazione sfocia in una forma di auto-indolenza, che finisce per danneggiare se stessi. Ma il discorso è più complesso di così, ed evito semplificazioni. Affrontare la vita con ottimismo resta comunque una delle caratteristiche che più mi piace sottolineare della gente della mia terra, e in questa chiave ho scritto e diretto il mio primo film da regista, A Napoli non piove mai, una commedia che uscirà quest’anno».

Le è capitato di svolgere qualche mestiere stravagante, prima di fare l’attore?
«Quasi non ne ho avuto tempo, ho iniziato a recitare molto presto, a 16 anni. La passione mi ha spinto velocemente verso questo mondo, poco prima ho avuto esperienze come animatore nei villaggi turistici».

Tra i lavori raccontati nel libro, anche immaginari, quale sceglierebbe?
«Qualcuno di quelli, per così dire, di “pubblica utilità”. Per esempio, l’“accompagnatore ritiro pensione” all’ufficio postale. Per tanti anziani soli, che non possono contare sulla disponibilità di propri cari o conoscenti, potrebbe essere di conforto ricevere aiuto ed evitare potenziali pericoli».

Un libro, dunque, un film in arrivo e, dopo tante fiction tv – da Zodiaco, al Il Commissario Nardone e Capri – c’è posto anche per il ritorno a teatro…
«Sì, con la commedia Oggi sto da Dio, accanto a Bianca Guaccero (autori sono Assisi con Lorenzo Gioielli, n.d.r.), per la regia di Mauro Mandolini. La tournée è partita il 17 gennaio, in scena ci sono anche Fabrizio Sabatucci e Giancarlo Ratti. La storia, quella di tre santi convocati da Dio per salvare l’Italia, mette al centro una certa nostra incapacità di trovare soluzioni concrete ai problemi: un racconto leggero molto attuale, in cui c’è spazio per il divertimento e la riflessione, e dove emerge che l’unica soluzione a tutti i problemi è collaborare superando le differenze, fare gruppo».

È tornato al teatro dopo un una lunga assenza. Che effetto le fa?
«Il teatro è stato il primo amore. A sedici anni, come raccontavo, ho cominciato; a 19 già ero sul palcoscenico. Ricordo la mia più grande emozione, l’applauso finale ai ringraziamenti di Romeo e Giulietta dove interpretavo il folle Mercuzio… Quell’energia che mi attraversò il corpo è indescrivibile. Oggi, a distanza di oltre venti anni, ascoltare il suono degli applausi mi riporta indietro nel tempo e mi accorgo che, in fondo, l’emozione non è cambiata».

Entrare in un teatro è…?
È come fare ingresso in un tempio dove il rispetto per il pubblico è sacro. L’attore è in costante ascolto anche se non sembra… è attento a ogni respiro di chi è in sala, magari a uno sbadiglio, a un commento ad alta voce. Da questi segnali si modulano le energie per andare incontro all’esigenza di quegli spettatori in particolare. Ogni sera è diverso. Questa è l’alchimia del teatro, un insieme di mutevoli forze».

Teresa Mancini
 
Top
Geric
view post Posted on 23/4/2015, 17:35




ItaliachiamaItalia
23-04-2015 | 17:53:22
L’INTERVISTA
Teatro, ‘Oggi sto da Dio’ con Sergio Assisi: ‘grande successo, grazie Torino’
‘Temo parecchio il pubblico del Nord perchè è sempre molto particolare. Siamo tutti felicissimi!’. Ora a Napoli: ‘La mia città, giocare in casa richiede sempre un maggiore sforzo’
di Alessandra Giorda - ItaliaChiamaItalia

Grande successo di pubblico e critica per la Premiére, al Teatro Gioiello di Torino, "Oggi sto da Dio". Un cast che si rivela eccellente, Sergio Assisi un vero grande attore. Per le serate successive si registra il tutto esaurito.
Sergio Assisi nel 1998 ha esordito nel cinema come protagonista del film Ferdinando e Carolina di Lina Wertmuller, che lo ha scelto tra tremila provinati per il ruolo di re Ferdinando IV di Borbone e per il quale viene candidato al Globo d'Oro come migliore attore. Più recentemente lo ricordiamo tutti nella fortunatissima serie di Elisa di Rivombrosa nel ruolo del barone di Conegliano.
Tra le tante fiction televisive l'abbiamo apprezzato in Capri e ne Il commissario Nardone. Nel 2012 è nel cast di Ballando con le stelle.
Autore di vari libri, Assisi è un artista a 360 gradi: attore, scrittore e regista. Nel 2014 esordisce con il suo primo film da regista, A Napoli non piove mai, di cui è anche sceneggiatore e attore protagonista.


Sergio a colloquio con ItaliaChiamaItalia si racconta nei panni San Gennaro nella commedia in oggetto che è stata da lui scritta.

La Premiére di Oggi sto da Dio al Teatro Gioiello di Torino, com'è andata?

Entusiasmante! Il pubblico ci ha accolto con quattro applausi, mai avuti nella fortunata tournée che abbiamo fatto nelle altre città. Temo parecchio il pubblico del Nord perchè è sempre molto particolare. Siamo tutti felicissimi! Un grazie ai torinesi per aver capito lo spirito dello spettacolo e averci accolto con tanto calore. Siamo onorati”.

Quale ruolo interpreti?

Sono San Gennaro, anche se ognuno di noi interpreta quattro personaggi (per capire necessita vedere lo spettacolo). In pratica siamo tre Santi, Ambrogio, Pietro e Gennaro per l'appunto. Poichè Dio è stanco, ci sono tante cose a questo mondo che lo rendono scontento e vuole prendersi una pausa, sta valutando chi può momentaneamente sostituirlo e Bianca Guaccero è la segretaria dell'Altissimo che ci mette a dura prova.

Vengono trattati nella commedia temi molto importanti…

Sì, è vero, i temi sono quelli dell'attualità che stiamo vivendo, ma trattati in maniera semplice e profonda in modo che arrivino dritti al pubblico. Ieri sera in teatro era presente un assessore alla Cultura che si è complimentato per lo spettacolo. Sostiene di averne visti tanti, ma mai nessuno così intelligente. Il pubblico ha gradito molto e ci ha applaudito parecchio.

Dopo Torino approdate a Napoli, la tua città. Sei tranquillo nel presentare la tua commedia a casa tua?

No, per niente! Giocare in casa richiede sempre un maggiore sforzo. Mai dare nulla per scontato. I partenopei sono abituati alle commedie, ma sono anche molto attenti e quando lavori nella tua città le critiche sono spesso a portata di mano.

Sei attore di cinema, teatro, TV e sei anche scrittore e regista. In quale di questi ruoli ti trovi meglio?

Dipende dal mio umore. Quando sono in down scrivo, quando sono in up recito al cinema o TV, quando sono introspettivo faccio teatro.
 
Top
Geric
view post Posted on 29/4/2015, 13:50




Resto al Sud
“Dobbiamo vivere con entusiasmo. A Napoli non piove mai”
28 apr 2015 di Giulia Farneti
Il nostro Paese sta attraversando un periodo non tra i più semplici; in molti hanno tentato di proteggerlo, ma purtroppo con scarsissimi risultati. Non si tratta unicamente di una crisi economica e politica ma anche, e soprattutto, di una crisi di valori. L’unica speranza sono tre santi, Sant’Ambrogio, San Pietro e San Gennaro che dovranno collaborare tra loro per far sì che un Dio, ormai troppo stanco e anziano, non decida di cancellare definitivamente l’Italia e i suoi abitanti. Questo è quello che succede nella brillante commedia “Oggi sto da Dio” portata in giro per i teatri da Sergio Assisi, protagonista insieme a Bianca Guaccero, Fabrizio Sabatucci e Giancarlo Ratti. L’abbiamo visto nei ruoli più diversi, da “Capri” a “Una coppia modello” in tv, da Euripide, Shakespeare fino ad arrivare a Goldoni a teatro e da “Ferdinando e Carolina”, a “Amore e libertà” al cinema. Sergio Assisi non è solo questo, non è soltanto un grande attore. Quello che colpisce è la straordinaria semplicità attraverso cui si racconta, ripercorrendo le tappe che, secondo me, hanno segnato la sua carriera. La sua sensibilità, il suo carattere spiritoso ed aperto, unito al carisma, alla solarità e al sorriso contagioso, ne fanno una persona fuori dal comune nel panorama dello spettacolo italiano.

Chi è Sergio Assisi oggi?

Per metà, è quello che avrebbe voluto essere da piccolo. E’ riuscito ad avvinarsi e, in gran parte, anche a realizzare i suoi sogni. Per l’altra metà ahimè, la vita e la realtà l’hanno messo di fronte ad altro. Ha tuttavia ancora quell’entusiasmo, quella gioia e quella grinta che gli permettono di continuare a fare quello che sta facendo, ovvero quello di cimentarsi sempre in nuove ed entusiasmanti avventure.

Hai sempre saputo che avresti fatto l’attore?

Posso dirti che sono sempre stato attratto dalla medicina, dall’astronomia e dalla scienza. Da piccolo, volevo essere sempre al centro dell’attenzione, sia in famiglia sia con gli amici. Probabilmente questo nasceva anche da una mia insicurezza, nel senso che volevo essere accettato per quello che ero, avevo sempre una gran voglia di far sorridere e ridere coloro che mi stavano intorno. Credo che tutti gli artisti traggano la propria creatività dal fatto di voler esistere, dal fatto di voler essere accettati e forse questo desiderio deriva in parte anche da una propria insicurezza.

Hai studiato teatro al Bellini con Tato Russo, hai poi recitato per la Wertmuller, un inizio ottimo, no?

Davvero straordinario! Avevo circa 23 anni e venivo dal teatro; nella mia inesperienza, ero convinto che da quel momento il mio destino fosse già scritto e che la mia strada fosse tutta in discesa; in realtà, non era così, il cammino per inseguire il mio sogno sarebbe stato ancora molto spinoso.

Hai recitato molto in teatro portando in scena le opere di Moliere, Shakespeare, Eduardo Scarpetta e Goldoni, come dovrebbe migliorare il teatro in Italia?

Anticamente gli artisti venivano seppelliti fuori dalle mura della città perché considerati coloro che disturbavano l’equilibrio quotidiano. Oggi come oggi, il teatro, ma anche l’arte in generale, sta vivendo un periodo difficile; siamo in un vero e proprio genocidio culturale, secondo me. Quello che manca è l’educazione alla bellezza; si dovrebbero educare le nuove generazioni alla bellezza per far sì che non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore.

Hai preso parte anche a fiction che per varie ragioni sono rimaste nel cuore del pubblico. Penso al personaggio di “Elisa di Rivombrosa”, di “Assunta Spina”, di Umberto in “Capri” e al “Commissario Nardone”, solo per citarne alcuni. In che modo riesci a calarti così bene in ruoli così diversi?

Beh, innanzitutto Grazie! Mi hai fatto un bellissimo complimento! Secondo me, nessun attore può totalmente uscire da se stesso per calarsi in un personaggio, c’è e ci sarà sempre una parte di noi nel ruolo che stiamo per interpretare. Non mi sono mai considerato un artista, ma semplicemente un buon giullare che cerca di trasmettere un po’ di emozioni, un po’ di speranza e anche un po’ di allegria, perché attraverso un sorriso e una risata si riesce a comunicare anche qualcosa di profondo.

Un altro personaggio molto amato è stato anche quello Adriano in “Una coppia modello” del ciclo per Rai1 “Purchè finisca bene”. Ha avuto un enorme successo. Ritieni che oggi come oggi ci sia sempre di più il bisogno di avere un lieto fine?

Secondo me sì. Oggi si parla molto della crisi che sta investendo il nostro Paese, una crisi economica, finanziaria e politica, ma, secondo me, tutto questo parte da una crisi culturale che sta sempre più investendo l’uomo. In questo clima, c’è un assoluto bisogno di dare speranza; il cinema e la televisione possono fare molto e il ciclo “Purchè finisca bene” credo davvero ci sia riuscito. D’altro canto, l’essere umano non fa altro che oscillare tra l’amore e la morte, tra la morte e la bellezza. Sinceramente, preferisco l’amore e la bellezza; ho sempre preferito le cose che mi fanno ridere rispetto a quelle che mi fanno piangere.

Sei in tournée teatrale con “Oggi sto da Dio”. Com’è nato questo spettacolo?

Tutto è nato davanti a un piatto di spaghetti. Mi trovavo al mare con Fabrizio Sabatucci, c’era un bel sole e io ad alta voce ho detto: “Oggi sto da Dio” e da lì è nata l’idea di farne uno spettacolo teatrale da portare in giro per l’Italia. Dovremmo vivere con entusiasmo sempre perché se tutti ci mettessimo passione in quello che facciamo, probabilmente il nostro piccolo grande Paese sarebbe migliore di quello che è.

Il segreto del suo successo?

Perché comunica speranza, credo. E’ uno spettacolo che non fa propriamente ridere, ma sorridere permettendo anche di riflettere. Ha successo anche perché credo che il pubblico avverta che noi attori ci divertiamo davvero molto in scena. Il cinema italiano continua a esistere perché ci sono artisti che continuano a crederci, che continuano a sognare senza mai arrendersi, senza pensare sempre e unicamente al profitto e al guadagno.

Cosa vorresti arrivasse al pubblico alla fine di questo spettacolo?

Posso dirti che io amo moltissimo l’Italia; mi piange il cuore quando, di tanto in tanto, mi viene il desiderio di andarmene, perché sarebbe come abbandonare il mio essere italiano. Sono pienamente convinto in un risveglio del nostro Paese, quando meno ce l’aspettiamo. L’Italia è una nazione che ha insegnato al mondo quasi tutto e quello che davvero che vorrei passasse, attraverso questo piccolo spettacolo teatrale, è un’immagine positiva di questo Paese.

Quest’intervista verrà pubblicata sul portale Resto al Sud, progetto culturale che invita a resistere, a non lasciare le terre del Sud al malaffare, alla corruzione e all’ignoranza. Per quali motivi secondo Sergio Assisi non si dovrebbe mai lasciare il Sud?

Penso che gli abbandoni non siano mai una bella cosa. E’ più facile arrendersi che continuare a lottare, è più facile fuggire che resistere, tutto sta nella coscienza di ognuno di noi. Posso dirti che io cerco di resistere perché amo follemente questo Paese, perché questa è la mia lingua, e, raccontare le storie con questa lingua è troppo bello, perché vorrei che gli uomini di domani conoscessero questa terra, la amassero e la migliorassero.

Dove ti vedremo prossimamente?

Sto per terminare una fiction e un film per il cinema; inoltre, a ottobre, vi invito a vedere “A Napoli non piove mai”, il mio primo film, una favola sull’amicizia e sull’amore.
 
Top
Geric
view post Posted on 6/5/2015, 17:38




Fermata Spettacolo
Oggi sto da Dio: intervista a Sergio Assisi
Dopo una lunga e fortunata tournée lungo la nostra penisola, la pièce sarà fino al 17 maggio al Teatro Diana di Napoli, città del suo protagonista maschile, nonché sceneggiatore e produttore, che abbiamo raggiunto telefonicamente alla vigilia di questo debutto
di Angela Lonardo | 6 maggio 2015

Qualcuno direbbe che per far uscire l’Italia dalla crisi ci vorrebbe solo un miracolo. Chissà se basteranno Sant’Ambrogio, San Pietro e San Gennaro, i tre Santi più rappresentativi del nostro Bel Paese, che in “Oggi sto da Dio”, commedia con Sergio Assisi e Bianca Guaccero per la regia di Mauro Mandolini, dovranno affrontare l’oneroso compito. I tre sono stati convocati direttamente da Dio, che ha deciso di prendersi una pausa e vuole capire chi possa sostituirlo. Il prescelto sarà colui che supererà le prove, per nulla facili, a cui verranno sottoposti. I tre Santi dovranno dimostrare che per l’Italia c’è ancora una speranza di salvezza. Dopo una lunga e fortunata tournée lungo la nostra penisola, la pièce sarà dal 29 aprile al 17 maggio al Teatro Diana di Napoli, città del suo protagonista maschile, nonché sceneggiatore e produttore, che abbiamo raggiunto telefonicamente alla vigilia di questo debutto.

Sergio, ritorna nella sua città nelle vesti di un personaggio particolarmente caro ai napoletani: San Gennaro.

“Sì, tenendo conto che si tratta di una commedia. L’emozione è legata all’impatto con la mia gente. Ho sempre timore del popolo napoletano per quanto riguarda la risposta a teatro perché qui la cultura teatrale è molto radicata. E’ anche vero che lo spettacolo ha riscosso in tutta Italia un enorme successo di pubblico, e spero che anche la mia città risponda allo stesso modo, nonostante l’atteggiamento e la preparazione diversa del popolo partenopeo”.

Ma i suoi conterranei le vogliono bene…

“Lo spero”.

E poi questo spettacolo tocca un argomento attuale, la crisi degli italiani, che non può non essere di interesse.

“Assolutamente. E’ un testo che senza voler fare nessuna morale ma con leggerezza attraversa il momento del Paese, offre la possibilità di sorridere e di riflettere. Essendo una commedia ha un sapore divertente, ironico, scherzoso. Ma alla fine te ne vai con la riflessione giusta su quello che stiamo vivendo. Qualcuno ha detto che alcuni temi sono stati affrontati in maniera superficiale, ma l’abbiamo fatto volutamente, altrimenti avremmo fatto un altro tipo di spettacolo: una commedia deve comunicare speranza ma è pur sempre intrattenimento”.

Lei che svolge una professione privilegiata, come la vive questa crisi?

“Non sono d’accordo sulla professione privilegiata, in realtà è una professione come tante, che nasce da una scelta profonda e anzi molto più sofferta di qualsiasi altro lavoro. Specie in questo momento di crisi, tra le prime posizioni dei mestieri più bistrattati e sottostimati direi che c’è quella dell’attore. Ormai, com’è noto, in questi momenti si taglia sulle cose che si ritengono inutili, come l’arte e il teatro, e questo è uno dei più grandi errori che alcune società commettono. Da quando un politico disse che con l’arte non si mangia si è potuto capire il metro di giudizio rispetto al nostro mestiere. Anticamente gli attori venivano seppelliti fuori dalle mura delle città, e la paura è che si ritorni a questo, che non ci sia più considerazione per noi. Non c’è polemica in queste mie dichiarazioni, ma sono un modo per dire che i più non sanno quello che c’è dietro il nostro lavoro. Quando viene una persona a teatro e vede uno spettacolo di un’ora e mezza non immagina che dietro c’è un anno di lavoro e che a quel progetto hanno preso parte decine e decine di persone. Forse un tempo, quando c’era il divismo, c’erano altre situazioni, ma oggi in Italia fare l’attore è all’appannaggio di tutti. Ognuno si può svegliare la mattina e di punto in bianco recitare, cosa che in Francia e Inghilterra non è neanche pensabile”.

Non è che sta valutando di andare a lavorare all’estero?



“Ho già lavorato fuori dall’Italia e ogni tanto mi viene la voglia di andare via, come credo venga al 99% della popolazione. Ma poi l’amore per la propria terra ti tiene legato. Mi sembra più facile scappare che restare e combattere. Io, fino a che ho le possibilità di fare quello che desidero, rimango nel mio Paese. Spero solo di riuscire a farlo fino in fondo”.

“Oggi sto da Dio” segna il suo ritorno al teatro. Questa scelta è stata dettata dalla mancanza del palcoscenico o dal fatto che cinema e tv al momento non le offrono ruoli stimolanti?

“Spesso in Italia il teatro viene visto come un’attività secondaria. Quando arrivai a Roma, più di venticinque anni fa, mi chiesero cosa avessi fatto. Quando gli dissi che avevo alle spalle più di dieci anni di teatro mi domandarono: “Solo?” In Inghilterra non sarebbe mai successo, il teatro è teatro, tutto il resto nasce dopo. Dunque fare teatro non è un ripiego, ma una scelta. In un momento in cui non c’era niente di interessante e ho avuto del tempo da dedicare a un progetto importante, mi sono voluto lanciare con la mia società, che si chiama “Quisquiglie”, in questa produzione teatrale. Non sono mancati problemi e difficoltà, proprio perché di questi tempi investire con i propri mezzi è un rischio altissimo, ma questo non ci ha fermato dall’idea di voler fare qualcosa di bello e interessante”.

Sulla crisi lei ha pubblicato anche un libro di immagini, “Noi speriamo che ce la caviamo”, che non è il suo primo libro. Nel cassetto ha un altro testo, magari un nuovo copione o un altro romanzo?

“Mi hanno chiesto un secondo romanzo dopo “Quando l’amore non basta”, edito da Cairo. Ma per scrivere c’è bisogno di tempo, cosa che in questo momento non ho. Mi auguro di trovare presto lo spazio per questo nuovo libro”.

Oggi a che punto della sua carriera si sente?

“Non credo ci sia un punto di arrivo, in realtà ci sono ostacoli. Penso che non si arrivi mai, ma che si debba percorrere una strada dove dopo un capolavoro può anche esserci un fallimento e viceversa”.

Il lavoro di cui è più fiero?

“Forse il primo, per un fatto affettivo. Si tratta del film “Ferdinando e Carolina” di Lina Wertmuller, che ha rappresentato anche il punto di partenza per altri lavori”.

Progetti?

“Ad ottobre uscirà al cinema “A Napoli non piove mai”, anche questo prodotto da me. Ora, invece, stiamo finendo la tournée teatrale, che riprenderà la prossima stagione”.
 
Top
595 replies since 19/11/2007, 21:07   19942 views
  Share