Graffio di Tigre, Partigiani d'Amore

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icon12  view post Posted on 13/12/2007, 16:32
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Libraia, Scrittrice e Promoter Culturale

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PREMESSA

Il 5 Giugno 2006, a Geggiano (Siena), prendono il via le riprese di “Graffio di Tigre”,
una miniserie targata RaiFiction, divisa in due puntate serali da 100 minuti. La produzione si avvale della collaborazione di Aureliano Lalli-Persiani e Susanna Bolchi per Casanova Entertainment.
La regia è firmata da Alfredo Peyretti.
La sceneggiatura viene diretta da Andrea Purgatori, Laura Ippoliti e Antonio Raffanini.
Protagonisti della storia sono Sergio Assisi e Gabriella Pession, nei rispettivi ruoli di Fabio e Ginevra. Nel cast troviamo, Simone Gandolfo (Gino), Raffaella Rea (Rosa ) , Roberto Herlitzka ( il Conte Innocenzi ) e Francesco Salvi ( un ex fascista, zio di Fabio).
I ciak si susseguono a Scorgiano, sempre nella provincia senese, e si spostano a Massa Marittima il 13 luglio. A 20 anni dal film “La visione del Sabba” di Marco Belloccio, la città torna a vestire i panni del set cinematografico.
Piazza Garibaldi, Vicolo Porte, il Chiostro di S.Agostino e la Torre del Candeliere fanno da cornice alla Toscana del 1943, dove la fedeltà dei partigiani e l’ostilità del vecchio regime si mescolano per dar vita ad un dramma d’amore senza precedenti.
I dati della prima puntata:
Audience 6.679.000
Share 26.84%
Contatti 15.989.000

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PRIMA PARTE

Estate del ’43. Fabio e Gino sono due giovani soldato italiani internati in un campo di prigionia inglese sull’isola di Pantelleria. Un attacco aereo dell’aviazione italiana apre per loro un’insperata via di fuga, nel corso della quale Fabio salva la vita a Gino.
Insieme affrontano il pericoloso viaggio di ritorno verso casa. Fabio, che è orfano e non ha un posto dove andare, accetta l’ospitalità di Augusto, padre di Gino, che è fattore nella tenuta del conte Innocenzi, in Toscana.
Qui Gino può riabbracciare anche Rosa, la sorella più giovane e, insieme all’amico, riscoprire le gioie di una vita semplice ma lontana dalla violenza e dagli orrori della guerra.
A turbare le loro serenità però, è la presenza inquietante di Ginevra, la giovane e bellissima nuora del Conte che, separata dal marito Jacopo, anch’egli prigioniero di guerra, sembra nutrire un interesse ambiguo per Fabio.
Interesse cui il ragazzo non sa resistere, nonostante la delicata amicizia che sta nascendo anche con Rosa.
Ma la pace di quei giorni è destinata a durare poco. Mussolini. liberato dai tedeschi, proclama la nascita della Repubblica di Salò. I fascisti, capeggiati dallo zio Piero, gerarca del paese, iniziano subito i rastrellamenti per arruolare di forza sbandati e disertori. Gino non ci sta e decide di andarsene sulle montagne per unirsi ai partigiani. Il rifiuto di Fabio a seguirlo provocherà la prima frattura fra i due amici che si separeranno senza aver chiarito le reciproche ragioni.
Fabio, di cui nessuno in paese conosce l’esistenza, resta a vivere nella fattoria e continua a subire il fascino e le attenzioni di Ginevra. Fino alla notte in cui il Conte, messo in pericolo dalla sua dichiarata amicizia per Galeazzo Ciano, decide di abbandonare la villa e di rifugiarsi a Capri. Ginevra, che è costretta a seguirlo, compie un ultimo gesto ribelle e provocatorio seducendo Fabio e consumando con lui un breve ma intenso rapporto sessuale.
Ma a un posto di blocco, il Conte Innocenzi viene riconosciuto e arrestato. Trasferito a Terni subisce un interrogatorio brutale e solo l’intercessione di Ginevra presso il capo dei fascisti gli evita il peggio. Ma Ginevra non può restare e il Conte si fa giurare che tornerà alla villa in Toscana per attendere il suo ritorno e quello di Jacopo.
Ginevra tace ad Augusto la sorte del Conte ma comunica a Fabio una notizia scioccante: in quell’unico fugace rapporto fra loro lei ha concepito un figlio.
Un figlio di cui deve liberarsi e per questo chiede, anzi, ordina, la collaborazione di Fabio.
Fabio è lacerato dalla scelta che lei gli impone, proprio quando anche Gino è tornato dalle montagne a chiedere il suo aiuto. Si sta preparando un’azione coordinata fra i gruppi di partigiani e Fabio deve fare da tramite. Fabio, sebbene a malincuore, nega di nuovo la sua collaborazione e stavolta fra i due amici lo scontro è violento e definitivo.
Ma, mentre Fabio è lontano, a inseguire Ginevra per impedirle di abortire, Gino e i suoi vengono scoperti e catturati dallo zio Piero che decide senza esitare di fucilarli tutti. Solo all’ultimo minuto Ivo, figlio dello zio Piero e antico fidanzato di Rosa, per salvare la ragazza le farà scudo col suo corpo rimanendo ucciso al posto suo.
Quando Fabio e Ginevra, fallito l’aborto e riavvicinatisi l’uno all’altra, tornano alla fattoria si trovano davanti uno spettacolo orrendo: i corpi di Augusto, Gino e gli altri crivellati di colpi e impiccati a una trave nell’aja.
A Rosa non resta che seppellire i suoi cari e con loro l’amore che aveva sentito nascere per Fabio. Andrà in montagna a prendere il posto di Gino. Mentre Fabio è costretto ancora una volta a restare, tormentato dai rimorsi, per prendersi cura di Ginevra e del figlio che porta in grembo.

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SECONDA PARTE

Dopo la tragica esecuzione di Augusto, Gino e dei suoi compagni da parte dei fascisti dello zio Piero, Rosa ha scelto di unirsi ai partigiani in montagna mentre Fabio decide ancora una volta di restare al fianco di Ginevra. La villa del Conte Innocenzi è un rifugio sicuro ma è anche una prigione per i due giovani che ormai sono legati indissolubilmente da un destino di amore e di odio, di speranze e di rimorsi.
I mesi passano, la gravidanza di Ginevra comincia a farsi evidente quando una mattina, all’improvviso, la villa viene requisita dai tedeschi. Fabio riesce a nascondersi mentre Ginevra ottiene dal comandante del presidio, conte Grefeld, il permesso di restare, relegata però in un’ala isolata della villa.
Fabio e Ginevra, reclusi insieme, si spartiscono il poco cibo e tengono duro sperando che prima o poi i tedeschi se ne vadano. Ma una sera il Maggiore Grefeld, ubriaco, tenta di violentare Ginevra. Fabio è costretto a intervenire e, dopo una breve colluttazione, uccide il tedesco.
La fuga disperata nella notte è verso l’unica meta possibile: l’accampamento dei partigiani di cui Gino aveva rivelato a Fabio l’ubicazione. Dopo ore di marcia estenuante e pericolosa Fabio e Ginevra raggiungono finalmente il loro obiettivo. Lì ritrovano anche Rosa che ha ancora molto da perdonare a entrambi ma non si oppone alla decisione di accoglierli. E lì Fabio capisce anche che è venuta per lui l’ora di scendere in campo e di fare la sua parte in quella guerra che ha sempre rifiutato.
Passano i mesi, le azioni di guerriglia si susseguono e Fabio, con la sua bicicletta, sfida ogni sorta di pericoli per mantenere i collegamenti fra un gruppo e l’altro. Intanto, mentre il bimbo cresce nel suo ventre, Ginevra impara la dura vita del campo e piano piano le distanze fra lei e Rosa si accorciano. Il passato si sfuma, e le ferite sembrano richiudersi. Finché una sera, dopo l’ennesima azione, giunge al campo un gruppo di prigionieri e con loro, sotto mentite spoglie, c’è anche il conte Innocenzi. L’incontro con Ginevra, che ormai non può più nascondere la sua gravidanza, è drammatico ma la guerra ha le sue leggi e ci sono cose più urgenti che incalzano: riconosciuto come nemico, il conte rischia di essere giustiziato dai partigiani. Solo l’intervento di Rosa e di Fabio lo salva dalla morte e gli consente di restare da prigioniero.
Così il destino ha fatalmente riunito di nuovo i protagonisti della storia in una situazione che, solo qualche mese prima, sarebbe sembrata impossibile. Soprattutto, il conte Innocenzi non avrebbe mai potuto immaginare che in una notte di pioggia avrebbe aiutato la moglie di suo figlio a mettere al mondo la bambina di un altro. E che proprio quella donna lo avrebbe poi aiutato a fuggire. Ma Ginevra lo aveva detto, la vita è molto più complicata di quello che sembra.
La fuga del conte però dura poco. Catturato dai tedeschi morirà da eroe rifiutandosi di tradire i partigiani e di rivelare dove si trova il loro campo.
Anche per lo zio Piero il cerchio si chiude. Dal giorno in cui il suo unico figlio, Ivo, è morto per colpa sua, lui non è stato più lo stesso. Così, quando il gruppo di Fabio gli tende un’imboscata per catturarlo e farlo processare lo zio Piero fa in modo di farsi ammazzare mettendo fine una volta per tutte ai rimorsi e al dolore.
Ma la guerra stessa è arrivata al capolinea. Gli americani hanno ricacciato i tedeschi sempre più a nord e finalmente Fabio, Ginevra e Rosa possono tornare a casa. E lì trovano ad accoglierli Jacopo, il figlio del conte Innocenzi che, scampato alla morte ma privo della vista, è ignaro di tutto.
All’inizio Ginevra riesce a fargli credere che la piccola Anna, la bimba avuta da Fabio, sia in realtà figlia di Rosa. Ma poi, pressata da Fabio stesso e lacerata dall’amore che sente per entrambi gli uomini della sua vita, confessa al marito tutta la verità. Jacopo è sconvolto ma alla fine decide di perdonare e di partire per l’America con lei e Anna per tentare un’operazione che potrebbe ridargli la vista. E Ginevra non se la sente di abbandonarlo una seconda volta.
Per Fabio è il momento più difficile della sua vita. Solo dopo una feroce battaglia con se stesso ammette di non poter togliere una bimba alla madre e, col cuore spezzato, vede allontanarsi per sempre sua figlia e la donna che ha tanto amato.
Passano gli anni. E’ il 1965. Fabio ha sposato Rosa e insieme mandano avanti la fattoria di Augusto. Un’auto si ferma davanti alla casa, scende una ragazza sui vent’anni. E’ Anna, la figlia di Ginevra e Fabio. Porta una lettera della madre. Una lettera che ha scritto prima di morire in un incidente aereo insieme a Jacopo. Poche righe, piene di amore e di rimpianto per quello che poteva essere. E un dono: Anna studierà arte a Firenze, si tratterrà molti mesi. E forse, prima o poi, qualcuno le racconterà una storia strana, una storia di amore e di guerra, di quegli anni in cui tutto poteva succedere...

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RELAZIONE
Di
Simonetta Robiony


MASSA MARITTIMA
Le macerie del bombardamento sono mattoncini di cartongesso, intonaci di polistirolo, sacchi di polvere caricati senza neanche un grande sforzo su uno di quei camion che usa il cinema per i suoi effetti speciali, un camion fermo ai lati della piazza dominata dallo splendido duomo per cui è tuttora famosa Massa Marittima, paese toscano che fu di miniere e di pietre. Sulla scena, comunque, facevano paura. Cadevano con gran frastuono in un vicoletto stretto stretto, fingendo di provocare il crollo di una casa, un uomo colpito giaceva a terra come morto, un ragazzino sgusciava via tra le macerie, qualcuno si nascondeva in un androne, lei, Gabriella Pession, si allontanava in gran fretta tirata a forza da lui, Sergio Assisi, che pensava solo a metterla in salvo.

***

Sono gli ultimi giorni di riprese di Graffio di Tigre, miniserie per Raiuno prodotta dalla Casanova di Aureliano Lalli, Susanna Bolchi e Luca Barbareschi. Poi la troupe si trasferisce in Bulgaria per girare sulle montagne le scene di lotta partigiana. E’ il momento immediatamente successivo all’8 settembre. L’Italia è divisa in due: al sud gli alleati che avanzano, al nord i tedeschi che occupano. Ginevra e Fabio sono una delle tante coppie create da una guerra insensata. Lei è una giovane sposa che non sa più niente del marito disperso su un fronte lontano, lui è un soldato fuggito da un campo di concentramento inglese. Lei vive in una grande tenuta di proprietà dell’aristocratico suocero, il Conte Innocenzi (Roberto Herlitzka). Lui lavora nei campi con l’amico, Gino (Simone Gandolfo), il compagno di fuga che gli ha offerto l’ospitalità della sua famiglia: uno zio rimasto fascista, Francesco Salvi, la sorella Rosa (Raffaella Rea), che inutilmente perde la testa per Fabio.
Ginevra e Fabio amano perché sono giovani e belli, perché la vita li avvicina in maniera pericolosa, perché vogliono sfuggire l’odore della morte. La scena della giornata è breve e violenta. La Pession, rimasta incinta di Assisi, ad evitare lo scandalo sta andando dal medico per abortire contro la volontà del suo amante. Il bombardamento, però, le renderà impossibile quel gesto perché il medico è morto nel crollo della casa.

***

Ricavato dal libro di Gino Pugnetti, lo stesso di Americano rosso da cui D’Alatri ricavò il film con Sabrina Ferilli, Graffio di tigre, anche per volontà di Susanna Bolchi, degna figlia di suo padre Sandro, è fedelissimo al racconto adattato per la tv da Purgatori, Ippoliti e Raffanini. Al regista Alfredo Peyretti, fiero romano del Tiburtino, ammiratore di Pasolini, formatosi cinematograficamente in Australia, un ex del gruppo di La squadra nonché di Gente di mare, autore di quel Joe Petrosino con Beppe Fiorello che vedremo nella nuova stagione, tocca il compito di rendere le immagini meno ovvie. «Ed è la cosa che mi interessa di più - spiega - perché se c’è un limite nella fiction televisiva è quello di non tener conto del valore filmico puntando troppo sul contenuto della sceneggiatura». Un difetto che Peyretti attribuisce anche al cinema italiano, «che si dimentica troppo spesso di quanto conta la forma: pensa come ci siamo ridotti, dobbiamo essere grati a Gabriele Muccino». Nel cinema lui comunque presto vorrebbe debuttare con una storia di rapinatori molto radicata nella realtà. «Mi piace l’immagine sporca, il taglio della scena particolare, l’adesione il più possibile fedele alla realtà. E mi piace avere il tempo per ottenere questi risultati. Un lusso, il tempo, che la televisione non concede».

***

La vera carta vincente di questa fiction, che propone anche una riflessione sul sentimento dell’amicizia, sulla crudeltà delle vendette fratricide, sul valore del pacifismo che non può diventare imbelle indifferenza, comunque è nella coppia amorosa formata da Sergio Assisi e Gabriella Pession, lanciati tempo fa da Lina Wertmüller in Ferdinando e Carolina, tornati insieme l’anno scorso sul set di Capri, la lunga serie di Oldoini ancora non andata in onda, scelti di nuovo adesso per questo Graffio di tigre. Legatissimi ma senza implicazioni di cuore, capaci di capirsi al volo e scherzare su tutto, ironici con un fondo di amarezza dentro, a questi due giovani attori che il mestiere ha fatto incontrare piacerebbe molto diventare una coppia cinematografica. «Ne abbiamo avute poche, noi. Monica Vitti e Sordi, la Loren e Marcello Mastroianni, Mariangela Melato e Giannini. Forse è il momento di inventarne una nuova». E a quale di queste tre vorreste somigliare? La risposta è la stessa per tutti e due: «MASSA MARITTIMA!»

***

Le macerie del bombardamento sono mattoncini di cartongesso, intonaci di polistirolo, sacchi di polvere caricati senza neanche un grande sforzo su uno di quei camion che usa il cinema per i suoi effetti speciali, un camion fermo ai lati della piazza dominata dallo splendido duomo per cui è tuttora famosa Massa Marittima, paese toscano che fu di miniere e di pietre. Sulla scena, comunque, facevano paura. Cadevano con gran frastuono in un vicoletto stretto stretto, fingendo di provocare il crollo di una casa, un uomo colpito giaceva a terra come morto, un ragazzino sgusciava via tra le macerie, qualcuno si nascondeva in un androne, lei, Gabriella Pession, si allontanava in gran fretta tirata a forza da lui, Sergio Assisi, che pensava solo a metterla in salvo.

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Sono gli ultimi giorni di riprese di Graffio di Tigre, miniserie per Raiuno prodotta dalla Casanova di Aureliano Lalli, Susanna Bolchi e Luca Barbareschi. Poi la troupe si trasferisce in Bulgaria per girare sulle montagne le scene di lotta partigiana. E’ il momento immediatamente successivo all’8 settembre. L’Italia è divisa in due: al sud gli alleati che avanzano, al nord i tedeschi che occupano. Ginevra e Fabio sono una delle tante coppie create da una guerra insensata. Lei è una giovane sposa che non sa più niente del marito disperso su un fronte lontano, lui è un soldato fuggito da un campo di concentramento inglese. Lei vive in una grande tenuta di proprietà dell’aristocratico suocero, il Conte Innocenzi (Roberto Herlitzka). Lui lavora nei campi con l’amico, Gino (Simone Gandolfo), il compagno di fuga che gli ha offerto l’ospitalità della sua famiglia: uno zio rimasto fascista, Francesco Salvi, la sorella Rosa (Raffaella Rea), che inutilmente perde la testa per Fabio.
Ginevra e Fabio amano perché sono giovani e belli, perché la vita li avvicina in maniera pericolosa, perché vogliono sfuggire l’odore della morte. La scena della giornata è breve e violenta. La Pession, rimasta incinta di Assisi, ad evitare lo scandalo sta andando dal medico per abortire contro la volontà del suo amante. Il bombardamento, però, le renderà impossibile quel gesto perché il medico è morto nel crollo della casa.

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Ricavato dal libro di Gino Pugnetti, lo stesso di Americano rosso da cui D’Alatri ricavò il film con Sabrina Ferilli, Graffio di tigre, anche per volontà di Susanna Bolchi, degna figlia di suo padre Sandro, è fedelissimo al racconto adattato per la tv da Purgatori, Ippoliti e Raffanini. Al regista Alfredo Peyretti, fiero romano del Tiburtino, ammiratore di Pasolini, formatosi cinematograficamente in Australia, un ex del gruppo di La squadra nonché di Gente di mare, autore di quel Joe Petrosino con Beppe Fiorello che vedremo nella nuova stagione, tocca il compito di rendere le immagini meno ovvie. «Ed è la cosa che mi interessa di più - spiega - perché se c’è un limite nella fiction televisiva è quello di non tener conto del valore filmico puntando troppo sul contenuto della sceneggiatura». Un difetto che Peyretti attribuisce anche al cinema italiano, «che si dimentica troppo spesso di quanto conta la forma: pensa come ci siamo ridotti, dobbiamo essere grati a Gabriele Muccino». Nel cinema lui comunque presto vorrebbe debuttare con una storia di rapinatori molto radicata nella realtà. «Mi piace l’immagine sporca, il taglio della scena particolare, l’adesione il più possibile fedele alla realtà. E mi piace avere il tempo per ottenere questi risultati. Un lusso, il tempo, che la televisione non concede».

***

La vera carta vincente di questa fiction, che propone anche una riflessione sul sentimento dell’amicizia, sulla crudeltà delle vendette fratricide, sul valore del pacifismo che non può diventare imbelle indifferenza, comunque è nella coppia amorosa formata da Sergio Assisi e Gabriella Pession, lanciati tempo fa da Lina Wertmüller in Ferdinando e Carolina, tornati insieme l’anno scorso sul set di Capri, la lunga serie di Oldoini ancora non andata in onda, scelti di nuovo adesso per questo Graffio di tigre. Legatissimi ma senza implicazioni di cuore, capaci di capirsi al volo e scherzare su tutto, ironici con un fondo di amarezza dentro, a questi due giovani attori che il mestiere ha fatto incontrare piacerebbe molto diventare una coppia cinematografica. «Ne abbiamo avute poche, noi. Monica Vitti e Sordi, la Loren e Marcello Mastroianni, Mariangela Melato e Giannini. Forse è il momento di inventarne una nuova». E a quale di queste tre vorreste somigliare? La risposta è la stessa per tutti e due: «A Giannini e la Melato che sono bravissimi e hanno saputo mescolare lacrime e risate».

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IL SOGNO? GIANNINI E LA MELATO
Di
Simonetta Robiony

Sergio Assisi ha grandi occhi chiari che lampeggiano e una mimica esagitata come se stesse interpetando un paladino alle crociate. Biondo come alcuni napoletani che hanno mantenuto tracce di longobardi, svevi e normanni, ha cominciato a recitare in teatro con Tato Russo ad appena 16 anni, quando ancora andava a scuola. «Vengo da una famiglia eclettica: mio padre scolpisce, mia madre scrive versi e canta, mio fratello insegna pittura: è ovvio che io non abbia mai pensato di fare il medico o l’ingegnere». Lanciato da Lina Wertmüller con cui continua ad accarezzare l’idea, per ora accantonata, di fare un musical su Caligola, frequentatore più che di tv di palcoscenici teatrali, abituato a non perdersi d’animo anche se i pochissimi film che ha fatto non sono usciti, spera di poter vedere prima o poi in qualche sala almeno due delle pellicole che ha girato: Masaniello di Angelo Antonucci e I guardiani delle nuvole di Odorisio. Ma non è uno spreco fare film che nessuno poi può vedere? «Questa è l’Italia. Eravamo la seconda cinematografia al mondo, oggi ci ha superato anche la Spagna. Per noi giovani ci sono solo le opere prime che valgono come un terno al lotto. Masaniello non esce ma gira per i festival e prende applausi: meglio di niente. I guardiani delle nuvole di Odorisio, che ha un cast straordinario, non lo mandano nelle sale perché, ti spiegano, è una storia di pecorari e dei pecorari nessuno se ne frega niente, dimenticandosi che racconta il passaggio doloroso dall’Italia contadina a quella industriale».

Gabriella Pession, ex campionessa di pattinaggio artistico che ha lasciato per una brutta caduta, è diventata popolare con Orgoglio nel ruolo della perfida arrampicatrice sociale, frutto di un amplesso proibito tra il conte Paolo Ferrari e la sua giovane cameriera, Imma Piro. Milanese di nascita ma appassionata nel sole e del mare nostro meridione, felicissima dei lunghi mesi trascorsi l’anno passato con Assisi e compagni sulla costiera amalfitana a girare Capri accanto a Isa Danieli, molto lanciata nella fiction nostrana che la subissa di proposte, più che del lavoro che c’è è preoccupata dell’amore che non c’è. «Tutti dicono: fai l’attrice: chissà quanti uomini! Per una notte, per una storiellina breve, certo, uomini se ne trovano. Io, però, voglio un compagno vero, uno che sia compatibile con i miei difetti. La solitudine mi terrorizza. I rapporti superficiali mi annoiano. Allora scelgo la visceralità appassionata del lavoro con la paura di gelarmi per sempre il cuore. E sogno la felicità. Anche se, per me, a essere felici sono rimasti solo gli imbecilli, che sono tanti, oppure i geni, che sono pochissimi».
In attesa di risolvere i suoi dilemmi esistenziali, progetta per quest’anno un ritorno in palcoscenico con un testo brillante perché, dopo aver fatto Storia d’amore e di anarchia con la Wertmüller, ha capito che il teatro, per la sua fisicità, somiglia più del cinema al pattinaggio che non riesce a dimenticare.

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Director...Alfredo Peyretti
Composer....Savio Riccardi
Recording Studio.... Studio 1 BNR (Sofia)
Performed by....Bulgarian Symphony Orchestra - Sif 309
Mix studio....Forum Music Village (Roma)
Conducted by...Savio Riccardi
Sound Engineer...Marco Streccioni
..Music Assistant....Pericle Odierna
Assistant Engineer...Vladislav Boiadjiev & Gabriele Conti
Date of Recording...4 - 9 novembre 2006
Publiscing by....Rai Trade Spa


L'orchestra è stata composta da:14 violini 1', 12 12 violini 2' , 10 viole, 08 violoncelli, 06 contrabbassi, 1 flauto, 1 flauto piccolo, 1 flauto in sol, 1 oboe, 1 corno inglese, 2 clarinetti, 1 clarinetto basso, 2 fagotti, 1 controfagotto, 4 corni, 3 trombe, 2 tromboni, 1 tuba, 1 arpa, 1 pianoforte, 1 fisarmonica, timpani e percussioni.

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Edited by LadyAlexandra - 20/12/2007, 16:56
 
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