Non so se questo è il topic giusto...
Comunque, si tratta di una intervista a Toni Servillo rilasciata al Corriere della Sera Magazine del 20 ottobre. Stavo cercando altro in verità, notizie sul film della Wertmuller......e poichè nell'intervista se ne fa un breve accenno....il motore di ricerca mi ha rimandato a questo articolo. Lo trovo interessante.
Si parla della scelta del giovane scrittore Roberto Saviano di lasciare l'Italia, per sfuggire alla camorra che intende ucciderlo. Della scelta di Servillo di rimanere in Campania per "fare la sua parte" (ovvio che, come lui stesso dice, la sua posizione non è paragonabile a quella di Saviano, non è esposto agli stessi rischi).
Della raccolta differenziata che in Campania stenta a decollare.....
A tal proposito, parlo per la mia cittadina. Come è possibile fare la raccolta differenziata se questa non è attiva! Voglio dire, con tutta la volontà possibile, come si fa a diferenziare i rifiuti se qui i contenitori per i rifiuti differenziti sono insufficienti!! Lo stesso Servillo va direttamente a buttarli in buste separate in una discarica!
Come si fa a differenziare i rifiuti se, dopo averli accuratamente differenziati, viene al mattino il camioncino che raccoglie e butta tutti insieme i rifiuti!! E' normale che poi la popolazione evita di differenziali!! La popolazione va "educata" alla raccolta differenziata!!
Sono d'accordissimo!! Ma ci vogliono prima i mezzi, le strutture, se no la volontà da parte nostra non basta! E questo, almeno da me, non è un problema di adesso, sono anni che è così, mettevano solo alcuni contenitori, si faceva la raccolta o c'era chi la faceva, e poi un camion raccoglieva tutto insieme!
Il Divo indossa completo blu notte e camicia azzurra. Gli occhiali sono scuri, a Milano c'è un sole pazzesco.
«Perché resto a Caserta? Me l'hanno chiesto anche ieri, dal finestrino, dei ragazzi che mi avevano riconosciuto in macchina. Per me è motivo di soddisfazione, nel mio piccolo, dare un esempio. Per ora la scelta di vivere a Caserta è legata alla mia vita personale. Sarà giusto per i miei figli? Come padre me lo chiedo ogni giorno. Ma non mi sento in un momento così tragico per cui l'unica soluzione sia fuggire».
Toni Servillo misura le parole, seduto sulla panca di una terrazza del centro. È la prima volta che accetta di fare un'intervista su camorra e Gomorra, il film tratto dal bestseller di Saviano che rappresenta l'Italia nella corsa agli Oscar , nel quale lui interpreta Franco, imprenditore-corruttore che si occupa dello smaltimento dei rifiuti tossici. E non vuole essere frainteso. Non vuole che si facciano paralleli. Soprattutto in questi giorni, nei quali non si parla d'altro che della volontà di Roberto Saviano di lasciare l'Italia.
«La sua decisione mi ha molto toccato. Ma mi ha spaventato di più sapere dell'esistenza di un piano per ucciderlo. I Casalesi hanno deciso di alzare il tiro. In una situazione disperata come questa, bisogna tenere alta la sensibilità intellettuale di fronte a questo scrittore, a questo "ragazzo", come si è definito lui, in modo che il bersaglio per la camorra diventi impossibile».
Ecco perché parlare. Ora.
«Ma non per dire se condivido o no la scelta di Roberto, che è un amico che sentivo e vedevo già prima di girare Gomorra. Sarebbe volgare. Rispetto assolutamente una decisione privata maturata nel profondo. Del resto, se si sente più tranquillo, perché non dovrebbe andar via? Non lo hanno già fatto Rushdie e Pamuk?».
Per qualcuno l'attenzione su Saviano sarebbe eccessiva.
« È un terribile segno dei tempi, la cui ragione va cercata nella ubriacatura mediologica, nel cicaleccio del commento facile di chi gode di tutti i privilegi. Voglio citare la distinzione di Pirandello, fatta propria da Sciascia: Roberto è uno scrittore di cose, non di parole. Lui è l'espressione migliore di chi combatte contro la trogloditaggine, l'ignoranza violenta. Ci sono centinaia di persone che vivono nella paura, cercando in silenzio di condurre una vita normale senza riuscirci. C'è il barelliere che ha vinto il concorso all'ospedale e che deve cedere il posto a qualcuno affiliato al clan. Questo è il tessuto del cancro, l'apparente normalità che nasconde le metastasi. Contro tutto questo Saviano si è ribellato. Incoraggiando me, e non soltanto me, a decidere di restare, per offrire una testimonianza che non lasci tutto nel totale nichilismo».
Eccola, di nuovo, la scelta di rimanere.
«Ma non confondiamo la tragedia di Roberto con il ruolo di noi attori e registi. Chi non si sente sicuro è lui, è il portantino di cui ho parlato prima. Lo non ho mai ricevuto minacce, mai una pressione».
Come è successo invece a Lina Wertmüller, che ha spostato il set di Mannaggia alla miseria da Taranto perché le avevano chiesto un pizzo di 50 mila euro.
«Quello della Wertmüller non mi sembra un episodio così significativo, loro stessi lo hanno ridimensionato».
La verità è che Toni Servillo non ha mai avuto paura girando Gomorra.
«Ho accettato di farlo perché la proposta arrivava da un regista che stimo, Matteo Garrone, ed era tratto da un libro che ho amato. Vivendo lì, mi sembrava di interpretare uno dei personaggi più diabolicamente negativi, quello che dietro un'apparente simpatia fa il lavoro più sporco. Lui è un vero corruttore di gioventù. E se una nota di speranza c'è, nel film, è che Roberto, il ragazzo che cerco di educare al mio mestiere, poi si rifiuta di farlo».
Tre attori sono finiti in manette.
«I presunti camorristi arrestati non li conosco. La maggior parte delle persone con cui ho lavorato erano dei professionisti: Gianfelice Imparato, Maria Nazionale, Salvatore Cantalupo, Gigio Morra. Carmine Patemoster, Marco Macor e Ciro Petrone arrivano dai laboratori teatrali che con un lavoro meritorio hanno cercato risorse nel disagio giovanile per sottrarle alle grinfie della camorra. Non parliamo di film dove sono stati arruolati i banditi, francamente non mi sembra questa la notizia».
Restare, per testimoniare un impegno.
«Più di metà degli attori con cui recito sono di Caserta, Torre Annunziata, Frattamaggiore. La trilogia della Villeggiatura, che stiamo portando in tournée in Europa, l'abbiamo provata a Santa Maria Capua Vetere, sei chilometri da Caserta, nel teatro Garibaldi che era stato abbandonato per la depressione culturale. Io così faccio la mia parte, come la fanno i bravi primari, gli avvocati onesti. Questa è la risposta, non l'esercito. Trovo piuttosto buffo vedere le immagini delle città militarizzate quando poi, mentre i parà sono a Casal di Principe, i killer colpiscono di nuovo, sfidano così apertamente lo Stato».
Qualcosa non gli torna, tra una sigaretta e l'altra.
«Come è possibile che tutto ciò non finisca? Come è possibile non riuscire a sconfiggere questi che vivono in un fazzoletto di terra ben preciso, che tutti sanno dov'è? Come è possibile non estirparli? Perché lo Stato non reagisce in maniera più energica alla loro sfida? Non capisco. Qualcosa non torna».
Quali risposte, allora?
«Mi aspetto risposte civili. Come per la spazzatura. Possibile che a Caserta la raccolta differenziata stenti a decollare? Una volta alla settimana io vado in una discarica a buttare i miei sacchetti separati e puntualmente vengo fotografato con i telefonini. Possibile che in tutta Europa si faccia educazione all'ambiente e qui no? Quando parlo di risposta civile penso che si deve insegnare ai bambini a scuola come dividere i rifiuti, allo stesso modo in cui li si educa a disegnare le asticelle».
Guarirà mai la Campania dal suo cancro?
«Il problema riguarda tutta l'Italia. Io mi auguro che spendere per la piccola parte che posso le mie energie serva a fare tutto il possibile perché questo accada».
Da Corriere della Sera Magazine, 20 Ottobre 2008