| Il Mattino (edizione Avellino) 27/01/2009 L’intervista Nardone, il Maigret di Dentecane Andrea Purgatori sta scrivendo la fiction sul poliziotto irpino nella Milano degli anni 50 Stefania Marotti
La storia di Mario Nardone, il brillante investigatore irpino che perseguì i criminali nella Milano degli anni ’50-’60, diventa una fiction televisiva. Ad interpretare il ruolo del celebre investigatore sarà l’attore napoletano Sergio Assisi, che porterà sul piccolo schermo la caparbietà, ma anche la simpatia e la verve di colui che è stato definito il commissario Maigret di casa nostra. La serie, in dodici puntate, sarà trasmessa da RaiUno a fine anno, per la regia di Fabrizio Costa. La sceneggiatura è affidata al talento e all’esperienza di Andrea Purgatori, che da inviato de «Il Corriere della Sera» che indagò sui misteri della strage di Ustica ed è anche lo sceneggiatore di «Fortapàsc», il film sull’omicidio del giornalista de «Il Mattino» Giancarlo Siani, e di «Caravaggio», la storia dell’inquieto e geniale artista interpretato da Alessio Boni. «Mario Nardone è un personaggio straordinario, dotato di profonda umanità ma, nello stesso tempo, impulsivo ed intransigente. - racconta Purgatori - Gli anni più interessanti nei quali ha operato sono quelli relativi all’immediato dopoguerra. La Polizia era in macerie, un po’ come la città di Milano, e in questo clima di disorientamento la malavita tentava di affermare la propria egemonia, alzando il tiro. Mario Nardone era un poliziotto dotato di grande intuizione e di capacità investigativa, riusciva a mettere insieme tutte le tessere di un puzzle nella ricostruzione di un caso giudiziario. È stato un uomo lungimirante. Fu il primo, ad esempio, a comprendere l’importanza di avere una rete di informatori, che con le loro soffiate potevano fornire elementi preziosi sulle mosse dei capi e dei gregari». Un segugio che, con costanza e determinazione, riusciva ad acciuffare i criminali più pericolosi. «A Milano - continua lo sceneggiatore - era considerato un re, perché i suoi successi investigativi erano strettamente collegati alle sue intuizioni. Grazie a lui sono stati introdotti gli efficaci e brillanti metodi di investigazione. Ha rivoluzionato, è il caso di dire, i diversi settori della Polizia, coordinandoli tra loro. All’epoca, per fare un esempio, per identificare un pregiudicato attraverso le impronte digitali, bisognava seguire un iter complesso. Da Milano bisognava spostarsi a Roma, in aereo. Giunti nella capitale, si andava all’Archivio Centrale della Polizia per confrontare le impronte rinvenute con quelle degli schedati. Quindi, si ritornava a Milano. Nardone comprese la necessità di un intervento immediato della Polizia Scientifica sulla scena del delitto e del coordinamento con gli agenti della Squadra Mobile. Un’intuizione che ha cambiato il metodo d’indagine». Un uomo del Sud trapiantato in una metropoli. Come ha vissuto questa esperienza il commissario Nardone? «Con profondo disagio. - risponde Andrea Purgatori - Avvertiva il suo essere meridionale in una città come Milano. Nardone aveva origini modeste, ma era stato educato in modo sano, rigoroso. Si sentiva un emigrante e, purtroppo, ne pagava lo scotto. Era un uomo determinato, dal temperamento impulsivo, puntiglioso, ma era capace di grandi slanci di generosità. Del resto, l’Irpinia è una terra difficile, aspra e questa connotazione si riverbera sul carattere delle persone. Non è un caso, secondo me, che i più alti funzionari della Polizia di Stato siano irpini. La caparbietà è un elemento indispensabile per essere un buon tutore dell’ordine pubblico. Penso ad Antonio Manganelli, l’attuale capo della Polizia, che conosco bene, il quale ha la stessa tenacia di Mario Nardone e la stessa capacità nell’introdurre tecniche di investigazione modernissime. Sono uomini che hanno una storia, un vissuto, elementi essenziali al raggiungimento degli obiettivi professionali». Cosa pensa dell’attore avellinese Alessandro Preziosi nel ruolo di Nardone? «Ci abbiamo pensato. Ma è stato il protagonista della fiction di RaiUno sul commissario De Luca. Non può fare sempre il poliziotto».
Il personaggio Il segugio che amava la buona cucina Mario Nardone, il leggendario poliziotto della Milano del dopoguerra era nato a Dentecane, da famiglia contadina. Intuitivo, tenace e intransigente, integerrimo e scomodo, avendo denunciato la condotta opinabile di alcuni colleghi. Trasferito, per questa ragione, a Milano nell’immediato dopoguerra diventa celebre per l’arresto di Rina Fort, definita «la belva di via San Gregorio», che nel ’46 massacrò la moglie e i figli del suo amante. Nardone assicurò alla giustizia gli autori delle rapine di via Osoppo e di via Montenapoleone. A Mario Nardone si deve il moderno concetto di Polizia Scientifica e di Squadra Mobile. Severo e impulsivo, amava la buona cucina.
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